Storia dell’albero di Natale. L’abete che protesse Gesù e spazzò via la credenza nel dio germanico Thor
Lo scorso articolo abbiamo fatto una panoramica sul presepe e sul suo simbolismo; volete che non manchi l’albero di Natale? La storia della tradizione del sempreverde variamente addobbato non è nota a molti mentre quella del presepe, di più facile comprensione e intuizione è più che nota: lo fece per primo San Francesco a Greccio e chi è che non lo sa? Quella dell’albero è invece una storia quasi ignota. Mi immagino il primo uomo che allestì un albero di Natale:
– Buongiorno cosa fa? –
– Un albero di Natale –
– E che cosa è scusi? –
– Beh sarebbe il simbolo della festa –
– Ma non è il presepe ? –
– Pure quello ma anche questo. –
– E il Bambinello dove lo mette? –
– Da nessuna parte. –
– Scusi ma il 25 Dicembre non si festeggia la nascita del Redentore?-
– Si ma questo è un albero mica un presepe –
– Ma perché proprio un albero?-
E qui vi volevo. La domanda non è tanto peregrina: si poteva scegliere un cespuglio, una pianta, chessò un cipresso, un faggio oppure, siccome la vicenda si svolge in medio oriente, una bella palma: la “palma di Natale”. Mi obbietterete che l’Europa non è proprio piena di palme, vero, ma nemmeno la Palestina è piena di abeti! Così si impone una spiegazione della cosa: perché mai un albero di Natale e perché mai deve essere pieno di lampade e palline?
Una cronaca di Strasburgo annota nel 1605: “Per Natale i cittadini si portano in casa degli abeti (‘Dannenbaumen’ nel tedesco dell’epoca), li mettono nelle stanze, li ornano con rose di carta di vari colori, mele, zucchero, oggetti di similoro“. L’albero d’elezione, per le germaniche genti era, quindi, proprio quello, l’abete, il “Tannenbaum“, che ha la caratteristica “magica” di essere sempreverde, privilegio avuto in dono da Gesù per avergli offerto rifugio mentre era inseguito dai suoi nemici: Il Redentore scappava e in Palestina, guarda un po’, s’imbattè in una foresta di conifere… valle a capire certe leggende tedesche… .Così l’abete diventò, nel folklore tedesco, una tradizione tipica, anzi, diede origine anche alla famosissima canzone “Oh Tannenbaum, oh Tannenbaum” il canto natalizio più gorgheggiato in Germania. Naturalmente ai cattolici, quella, la faccenda dell’albero, non andava giù e la consideravano una usanza protestante anche perché gioiosa e l’allegria presso Santa Madre Chiesa non è che trovava molto albergo a quei tempi . Solo nel ‘900 questa tradizione si diffuse anche nel mondo cattolico.
Diceva Luciano De Crescenzo: ”L’umanità si divide in due grandi gruppi nemici tra loro: i presepisti e gli alberisti, i primi cultori della tradizione della natività e i secondi maniaci di Babbo Natale e delle palle colorate”.Le cose non stanno proprio così. Molti non sanno che l’albero di Natale è in realtà un simbolo cristiano anche se da sempre, ritenuto un po’ laico. La sua tradizione cela, invece, una bella storia che riguarda un santo: San Bonifacio, vescovo d’origine britannica, poi divenuto apostolo dei germani e attuale patrono della Repubblica Federale Tedesca. Vi narro la vicenda.
Si era nel periodo di Avvento dell’anno 724 e il Santo, mentre percorreva un bosco di Hessen, si imbattè in una folla che stava per assistere ad un sacrificio umano (c’è chi dice che ci fosse andato a bella posta): era una abitudine della popolazione druida dell’epoca propiziarsi gli dei scannando qualcosa. I Germanici, effettivamente, tra un maiale e una capra, non disdegnavano sgozzare anche un essere umano. Bonifacio pensò bene fermare il rito sanguinario. Insomma quella folla di pagani si era riunita presso la “Sacra Quercia del Tuono di Geismar”, un albero dedicato al dio Donar che si riteneva possedesse lo spirito della loro divinità il dio Thor, per offrire dei bambini al dio. Il sacerdote druido scelse un ragazzo, Asulf, il figlio del duca Alvold e di sua moglie Tecla e annunciò che sarebbe stato sacrificato per inviarlo nel Valhalla da Thor per portargli un messaggio che lo avrebbe rassicurato sulla fedeltà del suo popolo. Naturalmente I genitori di Asulf erano sconvolti ma non si potevano opporre. L’officiante condusse il ragazzo presso un grande altare di pietra sotto la quercia, lo bendò e lo fece inginocchiare, quindi sollevò in alto il martello sacrificale di pietra nera del dio per schiacciare la testa del giovanetto. Mentre il martello calava, San Bonifacio lo colpì con il suo pastorale. Il maglio cadde dalla mano del sacerdote e andò ad urtare l’ara sacrificale frantumandosi in due parti. Tecla si precipitò verso suo figlio risparmiato da questo sacrificio e lo strinse a sé.
“Teufel ! Wer war es?“ (Diavolo! Chi è stato?) strepitò il druido un po’ contrariato per essere stato interrotto così in malo modo durante il suo ufficio e San Bonifacio allora alla folla: “Questa è la vostra Quercia del Tuono e questa è la croce di Cristo che spezzerà il martello del falso dio Thor”. Prese una scure e cominciò ad abbattere la quercia. Secondo quanto tramandato, in quel momento, si levò un forte vento che fece cadere l’albero. La pianta si spezzò in quattro parti. Dalla sua ceppaia spuntò un magnifico abete e il Santo interpretò questo evento come segno della Volontà Divina. Si rivolse, allora, alla gente apostrofandola: “Questo piccolo albero, un giovane figlio della foresta, sarà il vostro sacro albero questa notte. È il legno della pace, poiché le vostre case sono costruite di abete. È il segno di una vita senza fine, poiché le sue foglie sono sempre verdi. Osservate come punta diritto verso il cielo. Che questo sia chiamato l’albero di Cristo Bambino; riunitevi intorno ad esso, non nella selva, ma nelle vostre case; là non si compiranno riti di sangue, ma doni d’amore e riti di bontà”.
Dopodiché iniziò a catechizzare la popolazione riassumendo la vita e le opere di Gesù di Nazareth. Finita la sua catechesi, fece porre sui rami dell’abete, durante tutto il periodo di Natale, delle candele, come simbolo della discesa dello Spirito Santo sulla terra con la venuta del Santo Fanciullo. Sul luogo dove fu abbattuta la quercia, San Bonifacio fece costruire, con il legno ricavato dalla pianta stessa, una cappella in onore di San Pietro, dove si narra vollero essere battezzati molti pagani.
Il Santo è considerato l’apostolo della Germania e dei Paesi Bassi e secondo lo storico Christopher Dawson, ha avuto più influenza sulla storia europea di qualsiasi altro inglese. Nei secoli che seguirono, la tradizione cattolica di usare l’abete per celebrare la nascita di Gesù si diffuse in tutta la Germania e immigrati tedeschi nel XVIII secolo portarono questa usanza in America.
Bella storia che va a mettere una pezza a tutte le menate sui vari significati dell’albero di Natale, sui celti e sulle sue origini nordiche dell’usanza. La tomba del Santo riposa nell’abbazia di Fulda. Se vi capita di andare in Germania e passare da quelle parti, date un saluto all’inventore dell’Albero di Natale.
Ora una curiosità: sapete perché si usano le palline sull’albero di Natale? Una antica tradizione prevedeva che fosse ornato con mele rosse fino a che nel 1858 arrivò un inverno particolarmente rigido e il raccolto del frutto andò male. Un artigiano esperto nella produzione di vetri per orologi, nel villaggio di Goetzenbruck, ebbe un’idea originale: dal momento che questi erano ricavati da palline che venivano poi soffiate, pensò che allo stesso modo si potessero ottenere addobbi scintillanti per l’Albero di Natale. La sua idea riscosse un immediato successo e così a Goezenbruck si iniziarono a produrre palline di vetro per l’Albero di Natale che ben presto vennero esportate in tutto il mondo. Poi arrivò la plastica… . Termino qui. Trattate bene l’albero di Natale: ha una profonda origine storica, profuma e fa allegria. Vi saluto da un metro e mezzo.