Storia di un’inchiesta scambiata per rivoluzione che fece due vittime, nessuna chiarezza, ma uccise la “Politica Vera”: Tangentopoli
Trent’anni fa iniziarono a tintinnare le manette di Di Pietro, Colombo, D’Ambrosio e Davigo. “Mani Pulite”, il classico gattopardesco cambiare tutto per non cambiare nulla. Anzi per peggiorare le cose
Il tempo passa e la memoria non aiuta. Mi piacerebbe ripercorrere con voi le fasi di un periodo travagliato della politica italiana: Tangentopoli.
Ecco la situazione: correva l’anno 1992 e Umberto Bossi aveva appena vinto le elezioni con un elevatissimo numero di preferenze. Il “trota”, suo rampollo, aveva quattro anni: ancora non dava sfoggio di sé, non aveva acquistato lauree in Albania e non aveva dispiegato la sua capacità di cacciarsi nei guai. Salvini era il coordinatore degli studenti leghisti milanesi. Andreotti aveva inanellato nel suo “palmares” sei governi ed era alla sua settima edizione che non portò a termine: si dimise il 24 Aprile di quell’anno.
IL DISCORSO ALLE CAMERE DI CRAXI E IL POOL DI MANI PULITE
In quel tempo Bettino Craxi faceva un discorso alle camere sul finanziamento ai partiti con un profetico incipit, oggi così attuale: “Nella vita democratica di una Nazione non c’è nulla di peggio del vuoto politico. Da un mio vecchio compagno ed amico che aveva visto nella sua vita i drammi delle democrazie, io ho imparato ad avere orrore del vuoto politico.
Nel vuoto tutto si logora, si disgrega e si decompone. In questo senso ho sempre pensato e penso che un minuto prima che una situazione degeneri, bisogna saper prendere una decisione, assumere una responsabilità, correre un rischio “.
Il procuratore Francesco Saverio Borrelli a Milano, assieme a otto magistrati passati alla storia come Il “pool di Mani Pulite”: Antonio Di Pietro, Gerardo D’Ambrosio, Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Armando Spataro, Francesco Greco e Tiziana Parenti subodoravano qualcosa di “strano” tra politica e imprenditoria avviando la stagione di Tangentopoli. A causa di ciò si estinse la cosiddetta “prima Repubblica”. Vediamo cosa accadde.
L’INIZIO
Parte il viaggio nella storia della corruzione nostrana. Allacciatevi le cinture: state per salire sulle montagne russe della politica!
La vicenda ebbe inizio il 17 febbraio del 1992. Mario Chiesa, direttore dell’ospizio Pio Albergo Trivulzio a Milano è preso con le mani nel sacco mentre intasca una tangente da 7 milioni di lire dall’imprenditore Luca Magni titolare di un’impresa di pulizie.
Ricevendo richieste di danaro sempre maggiori, Magni contatta Antonio Di Pietro e si adoperano insieme per incastrare il funzionario corrotto. Dopo averlo messo dietro alle sbarre gli inquirenti scoprono diversi suoi conti bancari in Svizzera con diversi miliardi di lire e intestati alla sua segretaria. Dopo cinque settimane di carcere, il 23 marzo 1992, Chiesa dispiega la sua ugola. Una curiosità: la valigetta usata da Magni per portare i contanti è stata venduta all’asta nel 2007 per cinquemila euro a Luana Angeloni allora sindaco di Senigallia e Il ricavato andò in beneficenza all’associazione di don Luigi Ciotti.
Quello che sembrava un piccolo caso locale avvenuto nella città ambrosiana nel 1992 si allargò a macchia d’olio diventando una inchiesta che coinvolse imprenditori e politici di mezza Italia e apriti cielo!
CADONO I POLITICI CON EFFETTO DOMINO
Cadono nelle maglie della giustizia Cariera, Pillitteri (ex sindaco di Milano), Tognoli (ex sindaco di Milano pure lui), Radaelli, Armanini, Dini, Parini, Lodigiani, Moroni, Ligresti, Zaffa. Spuntano mandati di cattura per Silvano Larini, Giovanni Manzi e un avviso di garanzia arriva a Giovanni Balzamo (tesoriere del PSI). Clima inquietante in quell’ “Annus Horribilis”, dove Di Pietro fu osannato alla stregua di una Rock Star. Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica, rassegna le sue dimissioni. L’aria dell’emiciclo parlamentare è mefitica e iraconda: altri politici hanno oltrepassato le mura di San Vittore! Dai banchi chi grida “Ladri, ladri”,chi lancia monetine ai democristiani, chi mostra uno striscione con scritto “Forza Di Pietro”.
CONTINUA A COLPIRE L’ANNO MALEDETTO
L’Anno non ha termine: il 23 maggio avviene la strage di Capaci che costerà la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e agli uomini della scorta. Lo seguirà a luglio con identica sorte, Paolo Borsellino in via D’Amelio a Palermo. Nel caos parlamentare Oscar Luigi Scalfaro, proposto da Marco Pannella, sale al Quirinale.
LE INCHIESTE
Intanto le inchieste proseguono e visto il naufragio politico incombente iniziano a spuntare i voltagabbana in cerca di un approdo sicuro che dia loro pane e caviale. Il 3 Luglio Bettino Craxi prende la parola a Montecitorio: il suo discorso è una autodenuncia ma, muoia Sansone con tutti i filistei, si porta appresso anche tre quarti del parlamento in una apparente, grande, chiamata di correo. A proposito di quel discorso, narra Antonio Polito sul Corriere della Sera: “Nessuno si alzò. Ma nessuno ebbe neanche il coraggio di riconoscere che si trattava di un problema politico, da risolvere politicamente. Tutti sperarono che la campana suonasse solo per Craxi. E le cose andarono diversamente“.
Trascorse le ferie, il 2 settembre del 1992, dopo il suicidio di Amorese, Sergio Moroni, un giovane deputato socialista raggiunto da due avvisi di garanzia, si toglie la vita sparandosi un colpo di fucile: non regge il peso della gogna mediatica. A seguire Vincenzo Balzamo, tesoriere del PSI, passa a miglior vita stroncato da un infarto.
TERREMOTO NEL PSI E MAGISTRATURA INARRESTABILE
Siamo al 15 dicembre e tocca pure a Bettino Craxi. Si dimetterà da segretario del partito e gli succederà Giorgio Benvenuto. Lo ricordate? L’ex sindacalista Uil dal sorriso straziante. Sorrideva sempre e più guai accadevano e più i suoi denti lampeggiavano tra le labbra. Diceva di lui il giornalista Nino Longobardi che sembrava la domestica di sua zia: la donna rideva ogni volta che le cadeva un piatto per terra.
Le accuse di tangenti in Italia non si fermano ed è coinvolta la Rai mentre a Napoli si dimette il sindaco Polese. Ciampi lascia la reggenza di Bankitalia, Gabriele Cagliari presidente dell’ENI è indagato così come La Malfa (PRI) e Vizzini (PSDI). Il Democristiano Carra è ammanettato davanti a telecamere e fotografi e sono inquisiti Altissimo leader del PLI, Cariglia (PSDI), Di Donato (PSI), Misasi (DC).
Nasce il governo Amato-bis e seguita la pioggia di avvisi di garanzia. Questa volta per De Michelis (PSI), Vincenza Tommaselli segretaria da trent’anni di Bettino Craxi, Severino Citaristi (DC) cassiere del partito e altri nomi eccellenti.
NE ARRESTERANNO MILLE
Nel 1992, uno dei primi inquisiti, il manager dell’Iri-Italstat Mario Alberto Zamorani, uscito dal carcere di San Vittore, azzardò una previsione: “Ne arresteranno mille” e fu ottimista. Il bilancio finale fu di 1.233 condanne per corruzione, concussione, finanziamento illecito dei partiti e falsi in bilancio. Al conto si aggiunsero altre 448 sentenze di “estinzione del reato” cioè quando i giudici dichiarano l’imputato colpevole, ma non punibile a causa di una amnistia, morte dell’accusato e soprattutto per prescrizione (ben 423 casi).
VOLETE PROSEGUIRE?
Avete voglia di andare avanti? Bene. Siamo all’aprile del 1993 La situazione è questa: Amato si dimette dalla Presidenza del Consiglio e a lui succede Carlo Azeglio Ciampi con il solito governo tecnico. Il parlamento nega l’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi il quale uscendo dalla sua residenza romana, l’Hotel Raphael, è fatto segno di insulti e lancio di monetine.
I SUICIDI ED ALTRI INDAGATI
Proseguono le morti ed è la volta di Gabriele Cagliari ex presidente dell’ENI. Si toglie la vita in cella con la testa dentro un sacchetto di plastica. Raul Gardini a capo dell’Enimont la fa finita con un colpo di pistola: quella mattina sarebbero andati ad arrestarlo e lo sapeva. In quel periodo quarantuno persone si tolsero la vita, in carcere, fuori dal carcere o addirittura prima di essere ufficialmente indagate. Erano non solo personaggi di spicco e volti noti dell’economia e della politica ma anche piccoli imprenditori e politici locali.
Tanti suicidi (trentotto) si verificarono solo nell’anno del governo Monti che ebbe a dire in proposito, novello Ponzio Pilato: “Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi ha portato l’economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire”. Forse il signor Monti non tenne conto dei “modi” usati per far uscire l’economia “da quello stato“, ma questa è un’altra storia.
Il pool di Milano procede per la sua strada e falcia De Mita. L’immarcescibile Andreotti è accusato di Mafia. Inizia per lui il maxi processo, al quale si sottopone rinunciando all’immunità parlamentare. Infine ci si mette lo stesso Gianni Agnelli, il padrone dell’auto italiana, il quale, in una “convention” di Confindustria, non si trattiene e ammette la corruttela nell’azienda torinese. L’Amministratore Delegato Romiti ci va di mezzo ed è indagato. Quando si dice a Roma “E statte zitto!…”.
E CUSANI?
Nel 1993 si apre il processo a Sergio Cusani, l’unico che subì tutta la pena erogatagli senza chiedere riduzioni. In breve il fatto: l’Enimont aveva distribuito tangenti a pioggia per miliardi di lire. Il danaro era stato distribuito oculatamente: una fetta a ciascun partito proporzionalmente alla grandezza e al peso del medesimo, quasi col manuale Cencelli alla mano! Persino Bossi rimane invischiato per 200 milioni, poi anche l’ex cassiere del PCI/PDS Primo Greganti. Le tangenti Enimont furono pagate dal finanziere Raul Gardini per concludere l’accordo di fusione dei due poli della chimica, Eni e Montedison (che s’era rivelato un osso troppo duro da rosicare), attraverso l’intermediazione di Sergio Cusani dirigente di quel gruppo Ferruzzi detentore della maggioranza azionaria proprio di Montedison. Parte della “tangente” fu versata in titoli di stato attraverso conti speciali detenuti presso lo IOR, la banca vaticana.
DAL PROCESSO CUSANI IN POI
Molte facce note finiscono nel calderone del processo Cusani: Forlani sbavante si discolpa davanti a Di Pietro ma l’unico a tenere testa e a mettere in soggezione il PM è Bettino Craxi. Dal 1994 al 2000 le sirene della polizia ululano senza sosta: imprenditori, politici locali, intere giunte comunali inquisite e destituite. Anche La Olivetti di Carlo De Benedetti, il gruppo Fininvest, Cirino Pomicino (DC), De Lorenzo (PLI), Darida (Dc.), finiscono alla sbarra e qualcuno in gattabuia.
LA TRISTE STORIA DI DE LORENZO
Per l’ex ministro De Lorenzo vale citare un aneddoto: uscì da Poggioreale perché ritenuto gravemente anoressico e depresso. Nella perizia effettuata si poneva l’accento sul dimagramento di diciotto chili, il pericolo di vita e le sue tentazioni suicide. Il presidente del tribunale di Napoli, Massimo Grilli, pensò opportunamente di scarcerarlo poi… il “depresso” fu fotografato, subito dopo, bello sorridente, presso un ristorante romano il cui nome era… “I due Ladroni“: ironia della sorte! Marina Gambesi in un suo articolo su “La Repubblica” riporta che Franco Corbelli organizzatore del comitato per la difesa dei diritti dei detenuti sbraitò: “Quel finto malato ci ha ingannati. Ci ha usati…Noi ci siamo presi gli sputi in faccia per farlo uscire di galera e lui, invece di stare a casa o in clinica, che ti combina? Va al ristorante. Mi sento di dover chieder scusa a tutti gli italiani“.
INFINE…
Alla fine, però, il pool di “mani pulite” sembrò avere cambiato l’assetto politico nazionale. Cosa è avvenuto negli anni successivi è storia dei nostri giorni, volti nuovi, gente riciclata, Di Pietro transitato dalla magistratura alla politica, il nuovo che avanza ma invecchiando precocemente, avvocati e banchieri cooptati come capi di governo e mai visti nelle liste elettorali, Presidenti della Repubblica che paiono sempre più “tappabuchi” ma con carica a durata infinita, cambi di casacca di massa e questo con buona pace del corpo elettorale. Tutto pare pervaso da una amoralità etica e politica.
COSA È CAMBIATO?
Dieci giorni prima dell’avvio di “Mani Pulite” fu firmato il trattato di Maastricht, una coincidenza che fa pensare… . Vabbè torniamo a noi.
Affermerà nel 2017 Di Pietro: “Tangentopoli è ancora qui” mentre “Mani Pulite è finita 25 anni fa e da allora ad oggi l’unica cosa che è cambiata è che adesso “c’è desolazione da parte dell’opinione pubblica perché non crede più che possa cambiare qualcosa“. In aggiunta Davigo: “In Italia, 25 anni dopo Mani Pulite tra la gente c’è rassegnazione. La gente non è che non ci crede sa che c’è un numero elevatissimo di ladri nella nostra classe dirigente, ma solo teme che nessuno possa venirne a capo”.
In realtà questa storia di corrotti e corruttori ha rivelato una questione molto preoccupante: la politica italiana non sapeva o non voleva darsi gli strumenti per combattere quella “degenerazione”. Il problema continua ad essere attuale. I magistrati possono solo individuare le singole responsabilità ma è possibile neutralizzare la corruzione generalizzata solo se il sistema politico ha sufficienti anticorpi per contrastarla. Dovrebbe spettare ai partiti individuare ed espellere chi non è propriamente “corretto”. Purtroppo ad oggi le cronache giudiziarie seguitano a parlare di collusione tra politica e imprenditoria come in “mafia capitale”.
Questa la fine della “PRIMA REPUBBLICA”: siamo alla seconda ma già si sente odor di terza.
E se la prima passò alla storia come il periodo della corruzione, questa sarà ricordata, purtroppo, come il tempo dell’ignavia.
La terza? Non ci voglio nemmeno pensare. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.