Storie della Settimana Santa. Ponzio Pilato l’abruzzese? Storia e vicenda del famoso procuratore romano
MAGLIANO DEI MARSI- “Quid est veritas?” ovvero “Che cos’è la verità?. Penso che tutti noi abbiamo sentito pronunciare, durante le funzioni della Domenica delle Palme e del Venerdì Santo, questa domanda così profonda, posta da un personaggio davvero particolare: Ponzio Pilato. Se pur il titolo di questo pezzo sembrerà essere fuorviante e a tratti anche un po’ campanilistico, segue una sorta di linea storica che ci porterà alla scoperta di questo personaggio storico realmente esistito.
Ma ora iniziamo questo viaggio all’interno della vicenda di questo personaggio così ambiguo. Sul luogo di nascita di Ponzio, oltre alla storia, si è anche scatenata una sorta di misticismo leggendario, ovvero molte località italiche (di cui la maggioranza è abruzzese) ne rivendica il luogo di nascita. Si disse che nacque nell’antica Peltuinum (antica città che sorgeva tra gli attuali comuni di Prati D’Ansidona e San Pio delle Camere in provincia dell’Aquila) oppure nei pressi del comune di Bisenti (in provincia di Teramo), a Isernia in Molise oppure ad Atina in provincia di Frosinone. Inoltre, c’è una ipotesi che il nostro grande conterraneo Ennio Flaiano sottolinea nella sceneggiatura di un noto film (L’Inchiesta del 1986) che il noto procuratore romano sia un lontano appartenente dell’antica famiglia vestina dei Ponzio.
Bisogna affermare che la figura di Pilato, oltre nelle fonti evangeliche, sia ben presente anche nelle fonti letterarie e storiche successive al “Processo a Cristo”. Il primo che ne analizzò il fatto, senza far polemiche, fu Giuseppe Flavio nelle sue Antichità Giudaiche, egli scrive: “E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato[…]”. Molto più polemico è lo storico Tacito, che tra il 116 ed il 117 d.C accusando i Cristiani di aver sparso superstizione a Roma parla anche di Pilato: “Cristo era stato ucciso sotto l’imperatore Tiberio dal procuratore Pilato; questa esecrabile superstizione, momentaneamente repressa, è iniziata di nuovo, non solo in Giudea, origine del male, ma anche nell’Urbe (Roma), luogo nel quale confluiscono e dove si celebrano ogni tipo di atrocità e vergogne”. Ad esempio Filone d’Alessandria, noto filosofo, nel suo Legatio a Gaium scrisse che Pilato era un uomo crudele, dedito al furto e che condannava senza processo. Viceversa, sia Eusebio di Cesarea nella su Storia Ecclesiastica e Agapio di Ierapoli nei suoi scritti sottolinea un fatto che ci servirà alla fine di questo articolo, ovvero la fine del procuratore romano.
Oltre alle fonti storiche, che sono fondamentali per una ricerca, abbiamo anche delle preziose fonti archeologiche. Nel 1961 a Cesarea Marittima (in Israele) su di una pietra dell’anfiteatro venne rinvenuta tale scritta: “[Caesarensibu]s Tiberiéum/[Pon]tius Pilatus/[Praef]ectus Iuda[ea]e” ovvero “”presso i Cesarensi, Ponzio Pilato, Prefetto di Giudea, [dedicato a] Tiberio”. Ma nel 2018 è stato anche rinvenuto un anello appartenente alla figura di Pilato.
Vi siete mai chiesti com’è morto Ponzio Pilato? Una sorta di informazione sulla sua morte l’abbiamo nel ciclo apocrifo di Pilato, e l’autore (ignoto) ci scrive proprio un capitolo sulla morte del prefetto. La storia inizia con la malattia di Tiberio (che in quegli anni si trovava a Capri) egli mandò un messo di nome Voulsoniano per trovare “un certo medico di nome Gesù”. Il messo, però, trovò solo la Veronica che gli confidò la sua fede in Cristo ed accusò Pilato di aver condannato ingiustamente il Cristo. Il messo fece arrestare il procuratore che, in catene, venne portato a Roma. Ecco ciò che dice il documento apocrifo: “Dopo pochi giorni, fu emessa, contro Pilato, la sentenza che lo condannava ad una morte estremamente ignominiosa. Udito ciò, Pilato si uccise con il proprio coltellino: con questa morte pose fine alla sua vita. Cesare, venuto a conoscenza della morte di Pilato, disse: “E’ morto proprio di morte estremamente ignominiosa colui al quale non perdonò la propria mano”. Fu dunque legato ad un enorme peso e immerso nel fiume Tevere”.
Questo testo apocrifo, in parte ci può aiutare facendoci riallacciare alla storia, sappiamo che intorno al 36-37 d.C il governatore della Siria Lucio Vitellio lo destituì a seguito di una sedizione nei confronti dei Samaritani che aveva scatenato la rivolta del Monte Garzim (36 d.C): verrà sostituito da Marcello
Come per sua moglie Claudia, anche lui viene venerato dalla Chiesa copta etiope.