Sulmona. Body-shaming nei confronti della Nannarone. Condannato il responsabile
SULMONA – E’ stato condannato dal Tribunale di Sulmona con decreto penale alla multa di 400 euro.
Si tratta di Giovanni Di Simone, 62 anni di Goriano Sicoli. L’uomo avevo offeso attraverso un commento su un forum, il presidente del circolo sulmonese del Pd, Teresa Nannarone per aver srotolato uno striscione con su scritto: ”Empio è colui che non accoglie lo straniero” durante il comizio di Matteo Salvini nel 2019. Un commento sessista e offensivo, nel quale con una improbabile connessione logica, che partiva dalle violenze subite da Pamela e Desirée ad opera di alcuni immigrati, definiva “vecchia e scaltra” Teresa Nannarone, ritenendola per questo “improbabile oggetto di stupro”. Una forma di body shaming, ovvero offendere o deridere una persona per il suo aspetto fisico, vera e propria figlia dell’odio da tastiera che nelle ultime ore abbiamo visto riaffiorare per il caso di Silvia Romano e che da parte della Nannarone, da sempre attiva in difesa delle donne, era stata oggetto di una denuncia-querela.
Un commento violento come se ne vedono tanti, soprattutto in questi ultimi periodi. Bene fa la giustizia a punire chi, con messaggi infamanti, lede i diritti altrui. Un nuovo modo di comunicare quello dei Social e dei Forum che hanno fatto venire meno la bellezza di un confronto libero vis a vis. Oggi si parla tanto di distanziamento sociale che pesa a tutti ma forse più di qualcuno non si è reso conto che il distanziamento sociale c’è già da tempo. Da quando esistono i Social diventati unico luogo di confronto e dibattito.
La sentenza, proprio oggi, è stata ripresa dal dipartimento di Genere e Diritti, Pd Abruzzo che ha sottolineato:”Ci sarà ancora molto di cui discutere e su cui confrontarsi, nonostante i passi di civiltà come questo: la sentenza che ha visto riconosciuto alla nostra amica e compagna Teresa il diritto di agire e ancor di più il diritto di manifestare. Perché è questo un altro punto: non solo il diritto di parola e di dissenso, il diritto di pensiero e di azione, ma anche il diritto ad occupare uno spazio, che è spazio di democrazia, ogni volta che sentiamo la necessità di manifestare per la libertà, l’equità e la solidarietà; ogni volta che sentiamo di voler manifestare il nostro pensiero attraverso la nostra corporeità, usata come in questa triste vicenda come spazio di delegittimazione e screditamento. A Teresa, e a molte e molti di noi, questo diritto viene ancora negato: è sessismo, è omo-bi-transfobia, è xenofobia, è razzismo: è l’inadeguatezza di certi argomenti, che tuttavia vogliono persistere e sopraffare l’altro con la violenza dell’ingiuria. Oggi – continua – non vince solo Teresa, oggi facciamo tutti e tutte un passo in più in direzione della civiltà, un bene comune, un valore imprescindibile. La stessa civiltà e la stessa composta severità che noi, compagni e compagne democratiche, vogliamo garantire anche a quante e quanti fanno del turpiloquio l’unico mezzo di confronto. Per loro non c’è gogna mediatica né pari moneta: per loro c’è la via della giustizia, via in cui la pratica del diritto è pratica di democrazia, non rivalsa o sopraffazione”. Il dipartimento di Genere dei dem invita a “prendere un nuovo slancio e afflato da queste vicende, generiamo qualcosa di nuovo e utile per tutti e tutte, iniziamo a lavorare attorno ad uno strumento unitario contro le discriminazioni: siano esse ai danni di donne, solo perché donne; o ai danni di quanti e quante subiscono l’eteronormazione, figlia di un patriarcato tossico e chiuso”.