Aggiornamento su Suora che porta telefonino in carcere. Nardella Spp: “C’è un limite a tutto anche all’atto ‘caritatevole’ di una serva del Signore”

GENOVA – Si sa che ha 88 anni la suora che ha introdotto il telefonino in carcere a Genova. A detta della stessa, apprendendolo dalla stampa, l’avrebbe fatto a sua insaputa visto che il dispositivo era nascosto in un peluche che la suora avrebbe dovuto consegnare al detenuto corrispondente per conto probabilmente di un familiare e che non è passato inosservato ai sensori del metal detector in uso ai poliziotti penitenziari.Insomma un atto caritatevole che potrebbe costare caro alla dispensatrice di carità.

“Roba da non crederci diremmo. Invece è tutto vero.
Non sappiamo se è per questioni caritatevoli, ovvero mosse dalla voglia di fare soffrire meno i detenuti, oppure per questioni che lasciamo agli organi preposti indagare.

Fatto sta che ci si mette, a quanto pare, di mezzo anche una suora nel favorire l’ingresso ( non sappiamo se utilizzo) del telefonino in un luogo dove non ci dovrebbe stare.
Ovviamente c’è da capire realmente cosa sia successo nel carcere genovese.


Ma tant’è, i telefoni in carcere in un modo o nell’altro non smettono di entrare.
Peccato però che che nessuno faccia niente per fermarli facendo uso, al momento , dell’unico metodo utile per farlo ovverosia schermare il segnale alterando la frequenza.

Su questo punto negli ultimi tempi ne vanno dicendo di tutti i colori. Che i jammer fanno male, che i disturbatori di frequenza schermano anche i segnali degli apparati in uso alla polizia Penitenziaria.
Nessuno però dai piani alti si muove per rimuovere questo “ostacolo”.

Come sempre le parole se le porta il vento e nessuno pensa ai fatti. Neanche a un piano B identificabile dell’adeguamento degli organici. Unico rimedio, quest’ultimo, capace di fare “rivivere” quei posti di servizio soppressi a causa della dura e massacrante legge della spending review.

A noi non resta che invocare la cancellazione del reato di colpa del custode anche perché non sarebbe per nulla giusto fare pagare a chi sta già pagando per il troppo stress accumulato a causa del totale disinteresse mostrato da chi ha prodotto tutto questo.

Non c’è bisogno che dica chi, vero? I complimenti ai colleghi, neanche a dirlo, sono d’uopo”, commenta così la notizia dell’avvenuto ritrovamento nel carcere di Genova di uno dei migliaia dispositivi telefonici ritrovati in Italia fino adesso il Vice Segretario Generale SPP Mauro Nardella.