Taglio fondi al Museo del Terremoto di Avezzano. Flavia De Sanctis: “Delusa. Così non si ostacola un avversario interno, ma un progetto utilissimo alla città”
AVEZZANO – “Quello che sta accadendo è grave e triste. Per una disputa politica si colpisce, senza alcuna remora, il museo e la città”.
È la direttrice dell’Aia dei Musei di Avezzano, Flavia De Sanctis, ad esprimere tutta l’amarezza per quanto starebbe avvenendo in Regione Abruzzo. Gli articoli degli ultimi giorni raccontano che tra gli emendamenti presentati in vista del prossimo consiglio regionale ci sarebbe anche quello che rischia di cancellare 300 mila euro di fondi regionali previsti per la ristrutturazione di un’intera area, oggi incompleta, del museo storico della città di Avezzano.
Quello, per intendersi, dove è raccontata la storia del prosciugamento del lago e dove sono conservati reperti preziosissimi e i segni più evidenti delle antiche civiltà della Marsica. Gli articoli (quotidiano Il Centro di domenica 4 agosto ed altri ) descrivono una diatriba politica con al centro le mosse del consigliere capogruppo Massimo Verrecchia.
Non voglio credere che le cose stiano davvero nei termini riportati dai quotidiani, anzi mi auguro che Verrecchia farà di tutto per evitare la cancellazione di quei fondi. Solo qualche mese fa – continua la De Sanctis- tantissimi concittadini avezzanesi vedevamo avvicinarsi finalmente il sogno di poter completare l’Aia dei Musei con uno splendido spazio dedicato al terremoto.
Quel sogno rischia di svanire per una cupa resa dei conti e non è giusto. Al contrario, la somma prevista rappresenta un contributo importante – spiega la presidente dell’associazione culturale Antiquae che gestisce l’Aia – con il quale si può compiere un passo decisivo verso il completamento della struttura.
Il nostro sogno è di istituire qui un Museo del Terremoto. Abbiamo avuto negli anni passati numerosi contatti con realtà prestigiose come CNR, INGV ed ENEA.
L’ENEA ci aveva dato anche la disponibilità a mettere a disposizione una pedana sismica. Il discorso può ripartire, realizzando un’unica area della memoria che copre 2000 anni di storia, dal museo lapidario al museo del prosciugamento del fucino fino a quello del terremoto.
E, invece, no. Tutto si bloccherebbe, stando alle cronache, in un gioco di veti. Giustificarlo con la necessità di coprire spese destinate a chi è segnato da gravi malattie, non riduce, anzi, amplifica a mio modesto avviso la gravità di quello che sta avvenendo, perché costruisce un artificioso dilemma tra spese per la salute e spese per la cultura.
Faccio un appello a tutti a ripensarci, perché si è sempre in tempo per fare la cosa giusta. Sono certa che ci saranno ben altri modi per regolare i conti interni senza calpestare parte della propria storia e della propria identità cittadina”.