Telefonini in carcere? Nardella (S.PP): “Con i mezzi messi a disposizione è come se si volesse svuotare l’oceano con un secchiello”

ROMA – Riportiamo qui di seguito il pensiero partorito sul fenomeno dei telefonini in carcere dal Vice Segretario Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria S.PP Mauro Nardella.

“Ricordo come se fosse ieri le lezioni che seguivo presso la facoltà di Scienze Biologiche. Tra una di citologia e istologia e l’altra di zoologia, l’argomento che si dibatteva ben si sposerebbe oggi con ciò che accade nelle carceri italiane.

Il problema dei telefonini nei reparti detentivi mette insieme, seppur dal punto di vista meramente metaforico, i due fenomeni biologici.

Con una facilità disarmante, infatti, i dispositivi telefonici nei penitenziari italiani si moltiplicano come se ci trovassimo di fronte a una divisione cellulare, da qui l’accostamento alla mitosi.

Oppure, ad uno che ne sequestriamo seguono due che si vanno ad aggiungere a quelli che “affollano” sempre più le celle. Un po’ come avviene, cioè , nel caso dei metameri degli anellidi.

Una cosa è certa. I due fenomeni potrebbero tranquillamente catalogarsi anche come parassitosi e bene sappiamo cosa questo comporti per la salute del sistema che ne risulta affetto. Qualcosa va fatta e anche subito.

Una cura va assolutamente trovata anche perché come tutte le parassitosi che si rispettino, la “morte”, in questo caso amministrativa, potrebbe presto sostituirsi alla malattia. Sono mesi se non addirittura anni che lo andiamo dicendo.

Non è con il personale, tra l’altro sempre più numericamente soggetto a menomazioni organiche ( -15.000 all’appello), che si potrà scardinare un sistema che sembra aver raggiunto connotati da pura dipendenza ( oggi con uno smartphone non ci riesce a stare finanche in carcere oserei dire).

Seppur vale sottolineato che molti sono gli agenti che si vanno sempre più perfezionando nella ricerca di tali dispositivi, il loro encomiabile lavoro non sembra comunque essere sufficiente per annientare la piaga.
Spesso non si fa in tempo ad esultare per averne scovato uno che subito nasce l’esigenza di ricercarne molti altri.

Tanti, troppi ce ne sono in giro. E più passano i giorni e più ne entrano.

Insomma è come se chi ci amministra volesse farci svuotare l’oceano con un secchiello. Eppure di soluzioni c’è ne sarebbero per arrestare questo triste quanto pericoloso fenomeno. A nostro parere la tecnologia può essere combattuta solo con la tecnologia.

Jammer per non farli più funzionare e Disturbatori di frequenza per bloccare i droni che li fa entrare sono già disponibili in commercio. Non si capisce il motivo per cui l’Amministrazione non si sveni per correre a dotarsene.

Eppure è talmente semplice affermare che l’unico modo che si ha per arrestare il fenomeno è quello di disarmarlo da non riuscire a capire cosa si sta aspettando. E cosa può essere utile per farlo se non fermarne la loro funzionalità? Anche il Procuratore Capo di Napoli Nicola Gratteri lo va dicendo.

Vada il fatto che restino inascoltate le mie parole. Mi chiedo, però, se anche quanto affermato da Gratteri non conti nulla per l’Amministrazione. In tutti i modi, e concludo, l’Amministrazione facesse subito a trovare la soluzione. Non ci venisse a dire di non averla avvertita e/o consigliata.

Permettetemi in ultimo di fare i miei più sentiti complimenti ai poliziotti penitenziari che ogni giorno, malgrado tutto, il loro lavoro in generale e quello del ritrovamento dei telefonini in particolare, lo fanno e molto bene. E sapete perché posso dirlo? Semplicemente perché lo vedo con i miei occhi!”