Terzapagina – “Il Trauma Storico dei Nativi Americani” – Un testo ed una riflessione di Marcello Maviglia
AVEZZANO – Martedì 22 ottobre 2019, presso la Sala “De Nicola” del Comune di Avezzano, con l’organizzazione curata da Marco Murzilli, si è tenuta la presentazione del libro di Marcello Maviglia dal titolo “Il Trauma storico dei Nativi Americani. Sofferenza e rinascita”, edizione curata dall’Istituto Italiano di Cultura di Napoli.
Marcello Maviglia, medico laureato in Italia alla Sapienza di Roma, diplomato in psichiatria dell’età adulta e delle dipendenze all’American Board of Psichiatry and Neurology, ha completato un Master in Salute Pubblica all’Università del New Mexico collezionando questi titoli insieme ad altri che hanno ampliato le sue conoscenze alle quali si è unito il lavoro diretto sul campo presso il “Center for Native American Health” dell’Università del New Mexico di Albuquerque, è professore al Dipartimento di Medicina di Base nella stessa Università e il libro è il risultato di una sua profonda riflessione su quello che potrebbe essere il punto di base dal quale si irradia poi la problematica psicologica, sociale e antropologica vissuta attualmente dai Nativi Americani.
Secondo l’ipotesi scientifica più accreditata, 13.000 anni fa l’uomo sarebbe migrato dall’Asia verso l’America attraverso la lingua di terra che all’epoca univa i due continenti passando sulla stretto di Berig. Questi uomini si sarebbero poi spostati più a sud fino ad abitare tutto il continente e diversificandosi in migliaia di etnie e tribù differenti. Nell’America Centrale e nel continente a Sud i Nativi Americani si organizzarono in grandiose civiltà quali i Maya e gli Aztechi in due diverse porzioni del Mexico odierno mentre gli Incas popolarono la Cordigliera delle Ande. Ma questi non furono certo i primi a colonizzare quelle terre, prima di loro Olmechi e Toltechi ed altre popolazioni vivevano stabilmente in quelle zone. I nuovi arrivati costruirono grandi città ed opere annesse distruggendo, tuttavia, le culture precedenti. Nel continente Nord i Nativi rimasero invece, in prevalenza, cacciatori e raccoglitori, non lasciando mai una sorta di età della pietra, nomadi o seminomadi , ma vivendo una tradizione di profonda spiritualità e di legame con la terra, legame mai estinto ed ancor oggi ben radicato.
L’arrivo degli spagnoli di Cortes e Pizzarro, che fecero seguito all’arrivo di Colombo, avrebbe distrutto le popolazioni e le civiltà del Centro-Sud, mentre al Nord bisognerà aspettare l’arrivo dei Francesi e dei Padri Pellegrini per conoscere un lungo e sanguinoso scontro fra diverse civiltà, che si sarebbe acuito durante la lunga fase di costruzione della Nazione Americana degli Stati Uniti d’America e, in misura minore, del Cànada.
Tutta una letteratura ha raccontato questa epopea, quasi mai con l’occhio alla reale condizione dei Nativi Americani. I romanzi cinematografici di John Ford hanno costruito una storia dell’epopea assolutamente parziale, ma film come “Soldato Blu” oppure certa cultura New Age hanno rappresentato una medesima parzializzazione di segno opposto, come ha precisato il prof. Maviglia quando ha detto che “…i Nativi Americani non amano sentirsi definire come selvaggi oppure come vittime e neanche come i depositari di una cultura new age, ruoli nei quali non si riconoscono…“. Il Trauma Storico subito dai Nativi, ha spiegato Maviglia, è un fatto che va ancora meglio definito ed indagato per completare il quadro del rapporto che esiste tra esso e le patologie di cui soffre una intera popolazione assai composita per costituzione e tradizioni.
L’approccio psicostorico, ha proseguito ancora Maviglia nella presentazione, è il fondamento per svolgere uno studio ed una correlazione fra tecnologia ed impronta sociale che poi sottendono il il male oscuro della depressione. “La valenza ideologica della medicina, – ha varie volte concluso il prof. Maviglia – costituisce il reale ostacolo alla comprensione del trauma storico che poi si alimenta nelle contraddizioni insite nel profondo legame col territorio e con la cultura messe di fronte ad una lotta impari con un modello di sviluppo che trascende quello che sarebbe stato tipico delle popolazioni americane…”
A questo punto, nasce spontanea una riflessione: i Nativi Americani, non conoscendo la scrittura non hanno di fatto mai aperto una loro fase storica propriamente detta. Il loro legame prevalente con la natura ha acuito lo scontro antropologico di due diverse civiltà, laddove ad esempio si è avuto un confronto duro sull’uso del territorio e delle risorse.
“L’Uomo Bianco trasforma tutto ovunque passi!“, avrebbe detto un giorno Toro Seduto grande sachem dei Dakota.
Ma partendo da questa visione, e la domanda la poniamo a distanza al prof. Maviglia, non sarebbe necessario ipotizzare anche un trauma ambientale che, unito a quello storico, acuisce il divario ancora esistente tra due diverse civiltà, anche se i Nativi si sono integrati nella cultura yankee e vi hanno trovato nicchie entro le quali insediarsi?
Alla presentazione del libro hanno assistito più di ottanta persone che hanno gremito la sala mostrando un notevole interesse per la questione.
Molte le domande e alla fine è rimasto sospeso nell’aria l’invito affinché il prof. Maviglia torni presto ad illustrare nuovi progressi nello studio della questione.