TERZAPAGINA – Inclusività cristiana ed esclusività islamica… – Una Riflessione!
Ha fatto discutere in maniera acerrima, nei giorni scorsi, una sorta di riflessione e/o presunta deliberazione della cosiddetta Comunità Europea (UE) nel merito delle dizioni da impiegare per indicare le festività religiose oppure sulla liceità o meno riguardo all’uso dei nomi che possano indicare una qualche appartenenza o origine e, quindi di qui la polemica su Maria, Giovanni, però trascurando Mohammed, Elijah, e perché no anche Curd!
Tutto in nome di una ricerca di realizzazione della massima inclusività. Includere significa, aprire, ammettere e sotto questo punto di vista fu ampio il messaggio di Karol Woytila dell'”aperite portas” ma sarebbe opportuno che includere significa innanzitutto aprire le porte della propria cultura, tradizione senza rinunciare ad essa, altrimenti non è inclusione ma associazione!
Sono esistiti vari imperi nel corso della storia umana: quello egiziano (inteso come area di influenza), quello assiro babilonese, quello persiano (che sotto Ciro il grande attuò la massima apertura religiosa con l’ampio rispetto offerto agli Ebrei), poi fu la volta di quello romano che, sovente assorbì, entro al propria cultura e nella propria religiosità anche elementi estranei costruendo un coacervo di professioni religiose e ponendo alla base solo il rispetto della figura imperiale. Il Sacro Romano Impero di Carlo V arrivò ad estendersi, tramite le colonie anche a mondi diversi sotto ogni punto di vista, deflorandone talora le culture in maniera anche violenta.
L’impero ellenistico di Alessandro durò assai poco, la fiamma effimera della sua vita, ma i vari Tolomei, Erodi ed Antiochi non brillarono certo per inclusività e basta riandare al Libro dei Maccabei “…sorse in quei giorni una radice perversa, Antioco III…” il quale con la forza voleva obbligare gli Ebrei a sottomettersi ad una religione fuori del rapporto con Adonai!
L’Islam del rapporto molto aperto fra Baldovino V e Salahah-al-Din (Saladino) creò una particolare apertura ed inclusività che consentì la vita nella Città Santa di Gerusalemme (epoca della II Crociata) a tutte e tre le confessioni religiose localizzate nell’area.
Ma successivamente le cose sono andate assai diversamente!
Oggi, di fronte alla grande globalizzazione, che significa anche mettere a contatto sempre più diretto impostazioni diverse, ci si trova di fronte al problema di come vada garantita l’inclusività.
L’Islam ha le sue rigidità fin troppo note che si complicano per il fatto che esso, l’Islam, non è una realtà univoca ed omogenea, infatti esistono i diversi “credo” ovvero wahabita, alawita, sciita, sunnita e fra gli ultimi due, tanto per fare un esempio, esistono sunniti marocchini e sunniti siriani, sciiti iraniani e sciiti arabi, cosa questa che non aiuta molto a dirimere le questioni e ad avviare rapporti davvero inclusivi.
La ragione si ritrova anche nel fatto che l’Islam, al di là di ogni interpretazione sincretista o puramente occidentale, ha una sua complessità nel fatto che non esista una autorità unica (anche tra gli imam) alla quale riferimento, senza contare che la figura del Califfo (al Khalifa) e la figura del Mahdi hanno una funzione unificatrice sia religiosa che politica, lasciando da parte un momento quella militare.
In un passaggio della ottima sceneggiatura delle “Crociate” di Ridley Scott, c’è un passaggio significativo : “Allah dice sottomettetevi, Gesù dice scegliete…” (Sibilla di Gerusalemme) che illustra, in una sintesi estremamente interessante, l’approccio alla fede in Dio delle due professioni.
Importantissimi, nel sottolineare le differenze fra le due professioni possono essere quelle relative ai cibi e alla loro assunzione: nel Valgelo Gesù asserisce sovente che “…non è ciò che entra nell’uomo a contaminarlo, ma ciò ciò esce dal suo cuore…” indicazione rafforzata anche da San Paolo in una delle sue lettere quando dice di una visione avuta: “…vidi imbandire una tavola con sopra ogni tipo di bestia selvatica… fui invitato a mangiarne e dissi: giammai mi contaminerò…Puoi mangiare di tutto perché nessuna cosa ti contaminerà…” Questa visione di grande apertura, purtroppo cozza, contro al rigidità islamica riguardo a certi tipi di carni, così come cozza col cibo kosher degli ebrei, sia pur in maniera alquanto diversa.
C’è da segnalare che in molte nostre città, persone di religione islamica si riforniscono presso i comuni supermercati solo di farina o qualche ortaggio e preparano il loro pane in appositi forni da loro gestiti e, per le carni, hanno loro macellerie. Questa è sicuramente una separazione che si può rispettare, anzi si deve rispettare, anzi, ancora, obbliga alla attuazione di comportamento speculare verso i cristiani, che in realtà viene meno perché in molti paesi islamici, e basterebbe citare proprio l’Arabia Saudita, si trova il divieto ad esporre anche indosso il simbolo della croce o segnarsi in pubblico.
Inclusione significa accettazione, apertura ma anche rispetto reciproco: se il mio Natale non è più Natale ma la Festa Invernale cosa mai può influire questo sulla inclusività? Perché allora il Ramadan come dovrebbe chiamarsi?
L’errore che si commette quando si cerca di essere aperti a massimo è quello di rinunciare alla propria cultura nel timore di offenderne un’altra e questo è un gravissimo errore perché la inclusività si basa sul confronto, la condivisione, ove possibile, e il rispetto a prescindere.
Un saggio della fine del MedioEvo scrisse: “…lo nome dice o chi tu sei, lo cognome chi furon li maggiori tua…“, ovvero noi siamo ciò che c’è stato prima di noi e il mondo nel quale viviamo è il risultato di duemila anni di storia che non possono essere eliminati senza rinunciare alla nostra identità. Un po’ come in Giappone, dove il saggio imperatore Meiji scrisse: “Ho sognato un Giappone moderno ed ora abbiamo navi e ferrovie, ma abbiamo perso la nostra anima…“
Che sia il mondo cristiano a fare il primo passo, ovvero creare una inclusività, di fronte alla esclusività dell’altro è cosa buona e giusta ma non si deve rinunciare a chi siamo altrimenti è solo una sorta di partita di calcio ove la vittoria degli altri significa sconfitta dell’identità…
Forse nella Comunità Europea ci vorrebbe maggior cultura storica e soprattutto un andarsi a rivedere quella bella riflessione fatta da Pera e Ratzinger sulle radici cristiane dell’Europa, altrimenti si arriverà al punto che il nome dell’attore tedesco Curd Jurgens dovrà essere modificato visto che a qualcuno potrebbe sembrare richiamarsi alla nazione Curda…