Terzapagina – Paolo Capodacqua e “La Memoria”
Il 27 gennaio si porta dietro la storia pesante del ricordo della Shoah, con tutto il ricordo degli orrori di una strage perseguita sul sentiero indicato dalla lucida follia delle teorie di Julius Streicher.
Eppure, si può trovare anche un angolo di più serena visione, del ricordo dell’orrore, vissuta all’insegna di quella che, pur accompagnata da dolcissima melodia, è, a tutti gli effetti, “grande letteratura“, quella cioè che si fissa nell’attenzione e poi nella memoria e che fa risuonare il cuore.
E’ il caso, questo, del brano “I nidi degli uccelli” di Paolo Capodacqua, un canto intenso e dolcissimo scritto dal cantautore circa una quindicina di anni fa, che ha dato vita a molti lavori specie nelle scuole e anche ad una serie illustrata.
Forse era sfuggito all’esame del suo ultimo cd, ma oggi, ascoltandolo ha fatto risuonare le note proprie del cuore di chi riesce a immergersi nel senso della vita, di quella vita e di quelle vite che la follia umana cerca di annientare.
“Mi ricordo il cielo stellato…“, così inizia la ballata, la canzone, di Paolo Capodacqua, una vera lirica dolce, ma al tempo stesso amara, come quelle vite spezzate ed appese alle cime di quegli alberi scarni che levano le braccia al cielo plumbeo, greve di dolorosa pioggia di lagrime amare… Gli alberi di posti come Auschwitz, Treblinka e via dicendo, ovvero i luoghi dell’orrore che fecero dire a Benedetto XVI: “Dio dove eri?“
“La notte che cadde a pezzetti/ il rumore del legno spezzato…
Principessa devi scender dal letto, perché per noi oggi è un giorno speciale…che si parte senza biglietto
Ed è un viaggio che porta lontano…dammi la mano che si parte per non ritornare…“
Struggente visione della mano implacabile che cala sulle vite di persone qualsiasi, inermi e destinate al lungo viaggio verso un assurdo orizzonte.
“…Principessa non ti riconosco…dove sono i tuoi lunghi capelli…li han tagliati e gettati nel bosco…dove ora son nidi di uccelli…“
E dal cuore sale un commosso silenzio mentre le parole volano sulla melodia come un volo d’uccelli che portano lassù, oltre l’infinito, la speranza di una salvezza, un giorno, e anche una preghiera di mani e braccia scheletriche che si levano al cielo come alberi spogli che stan sul limitare di quei luoghi…
La voce è sommessa e parla direttamente al cuore…
I testi e la musica sono di Paolo Capodacqua che mette anche voce e chitarra, col flauto di Giacomo Lelli ed il piano di Giuseppe Morgante.
La registrazione è del 2021 al Folkclub di Torino e la potete trovare, oltre che nell’ultimo cd di Paolo Capodacqua, anche nel trailer che sta all’indirizzo:
Son note che restano lì sospese, dove il cuore solo, quello di ciascuno, sa leggere i reali significati di questo giorno…