Tra le onde del Lago. “Ut in Fucino lacu invectus amnis” la storia romana del Lago del Fucino
TRASACCO – Proseguiamo il nostro viaggio che ci sta portando all’interno della storia del Lago del Fucino. In questo articolo oggi vorremmo far parlare gli scritti degli storici dell’epoca per farvi capire come sono andati realmente i fatti avvenuti nei pressi delle sponde del nostro Lago, e di come “l’attenzione” dell’impero, con le sua alte cariche, era tutta rivolta nel cuore della nostra regione. In particolar modo sceglieremo due storici in particolare: Tacito e Svetonio che ci racconteranno i lavori e le conseguenze della riqualificazione e della regimazione delle acque superficiali del lago.
Nel XII libro degli Annali capitolo 56, Tacito ci racconta l’opera stessa già terminata e di come si festeggiò tale grande opera di ingegneria soffermandosi anche sulla coppia imperiale e sul loro outfit. Lo storico romano scrisse: “In quello stesso tempo si concluse la costruzione della galleria sotterranea tra il lago Fucino e il fiume Liri. E perché la grandiosità dei lavori fosse ammirata da molti, viene allestita sul lago una battaglia navale, spettacolo già offerto in passato da Augusto, ma con imbarcazioni più piccole e meno numerose, dopo la costruzione di un bacino in vicinanza del Tevere. Claudio armò triremi e quadriremi e diciannovemila uomini, con una completa recinzione di zattere, per evitare fughe non autorizzate, ma lasciando spazio sufficiente per la velocità necessaria alle navi, alle manovre dei piloti, all’urto delle chiglie e a quanto normalmente avviene in una battaglia. Sulla zattera stavano reparti di fanteria e cavalleria delle coorti pretorie, mentre davanti si ergevano baluardi da cui azionare catapulte e balestre. Marinai su navi fornite di ponte occupavano il resto del lago. Riempiva le rive e le pendici dei colli e le cime delle alture, come a teatro, una sterminata moltitudine venuta dai municipi vicini e perfino da Roma, per curiosità di vedere e anche in ossequio al principe. Presiedevano allo spettacolo Claudio stesso, in un vistoso mantello militare, e, accanto, Agrippina, in una clamide dorata. Benché la battaglia si svolgesse tra malfattori, diedero prova di vero coraggio e, dopo molte ferite, furono sottratti a un massacro”.
Ma qualcosa andò storto ed è lo stesso Tacito che ce lo racconta nel capitolo 57. Nel raccontarcelo emerge qualcosa in più che fece “incazzare come una bestia”, usando uno slang fantozziano, Claudio. Egli scrive:“Concluso lo spettacolo, si aprì la via delle acque. Apparve allora chiara l’imperfezione dell’opera: la galleria non era scesa abbastanza rispetto alle parti basse, o almeno medie, del lago. Scavarono poi, a una certa distanza di tempo, una galleria più profonda e, per richiamare ancora una gran folla, le fu offerto uno spettacolo di gladiatori, dopo aver gettato dei ponti, per uno scontro di fanteria. Se non che, nel banchetto imbandito allo sbocco del lago, tutti furono preda di un enorme spavento, perché l’acqua, irrompendo violenta, trascinava via quanto le stava vicino, mettendo a soqquadro cose e creando panico tra le persone più distanti, atterrite dall’assordante fragore. Allora Agrippina, approfittando dell’agitazione di Claudio, accusò Narciso, l’appaltatore dell’opera, di avidità e di furto. Le replicò il liberto, accusandola di incapacità di controllo, tipicamente femminile, e di sfrenata ambizione”.
Nelle Vite dei Cesari, Svetonio, nel Libro V dedicato alla figura dell’imperatore Claudio, ci racconta, nel capitolo 32, un episodio davvero buffo che coinvolse proprio l’imperatore. Svetonio scrive: “Diede di frequente grandi banchetti, per lo più in vasti spazi all’aperto, dove riuniva spesso fino a seicento convitati. Ne offrì uno anche sul canale di sfogo del lago Fucino, e ci mancò poco che venisse sommerso, perché le acque lasciate libere con impetuosità, strariparono. A tutti i banchetti ammetteva anche i suoi figli, con i fanciulli e le fanciulle nobili, che, secondo l’usanza di una volta, mangiavano seduti ai piedi dei divani. Poiché si sospettava che un convitato avesse rubato una coppa d’oro, lo invitò ancora il giorno dopo e gliene fece dare una di terracotta. Si dice anche che aveva pensato di pubblicare un editto che consentisse di emettere venti e rumori a tavola, perché era venuto a sapere che uno dei suoi convitati si era ammalato in quanto li aveva trattenuti per convenienza”.
Con la regimazione delle acque del Lago del Fucino, che non fu mai del tutto prosciugato a che se ne dica, ne approfittarono le economie di Alba Fucens, Lucus Angitae e Marruvium. Nonostante ciò, l’opera idraulica effettuata dall’imperatore Claudio fu una vera e propria innovazione. Narciso e Pallante, i due liberti accusati della mal riuscita dei lavori iniziali, ebbero sorti diverse. Il primo, dopo una parabola molto fortunata, fu proprio lui che, nel 41 d.C., fece ottenere il comando della Legio II Augusta al futuro imperatore Vespasiano, cadde in disgrazia sotto l’impero di Nerone e si suicidò. Molto più importante fu la vita di Pallante; sotto il principato di Claudio divenne l’amante di Messalina, mentre sotto l’impero di Nerone qualcosa cambiò. La sua figura venne oscurata da Seneca. Pallante, secondo Tacito (Annali, XIV 65) venne avvelenato da Nerone: “si crede che Nerone abbia fatto morire per veleno i suoi più potenti liberti: Doriforo accusato di aver osteggiato le nozze con Poppea; Pallante perché era troppo vecchio ed immensamente ricco”.
Nel prossimo articolo parleremo della storia del Lago durante l’affascinante periodo Medievale.