Tragedie nelle fabbriche di fuochi d’artificio. Dalla “Cancelli” di Balsorano alla “Paolelli” di Tagliacozzo passando per le esplosioni di Chieti, Pescara e Teramo
AVEZZANO – Dalla strage di Balsorano, sei i morti, con un cratere enorme ai piedi della Superstrada per Sora, per arrivare a quella di Tagliacozzo, intera fabbrica rasa al suolo e tre morti, fino a quelle avvenute fra Aielli e Collarmele, per giungere alle grandi tragiche esplosioni più recenti avvenute a Città Sant’Angelo, tre morti, vicino Pescara, a Casalbordino, tre anni or sono, che procurò tre morti e vari disagi.
Oggi la tragedia nel teramano. Un tributo di sangue sul lavoro decisamente pesante.
Gli ultimi trent’anni hanno visto in Abruzzo riproporsi drammaticamente la pericolosità delle aziende di fuochi d’artificio e che trattano esplosivi. Vite spazzate via, famiglie distrutte, territori devastati, lutto e disperazione con scene praticamebte sovrapponibili.
15 Luglio 1994, a Balsorano, nella Valle Roveto, ci furono sei i morti e quattro i feriti. A saltare in aria la Fabbrica Cancelli, e fra i morti anche i titolari. L’area fu letteralmente rasa al suolo e tutta intorno visibili le tracce dell’esplosione.
Diciannove anni dopo, la mattina del 25 luglio 2013, a Città Sant’Angelo, a Pescara, una nube nera visibile da chilometri dette l’indizio dell’esplosione nella fabbrica di fuochi d’artificio Di Giacomo. 10 tonnellate di polvere pirica che si portò via tre componenti della famiglia Di Giacomo, Mauro, il fratello Federico, un altro parente e Alessio, il figlio di 22 anni di Mauro.
Rimasero feriti anche quattro vigili del fuoco, uno dei quali in modo serio: Maurizio Berardinucci, 47 anni, morì il 26 ottobre all’ospedale “Gemelli” di Roma, tre mesi dopo l’esplosione. A lui è stata poi intitolata la caserma del comando provinciale di Pescara.
Prima e dopo, nel mezzo, alcuni incidenti seri fra Cerchio, Aielli e Collarmele, sempre nella Marsica e sempre in aziende di fuochi di artificio a conduzione familiare.
E arriviamo a luglio 2014. È il primo pomeriggio del 9 luglio 2014. Da Avezzano si nota una colonna di fumo in lontananza. Una deflagrazione spaventosa aveva appena cancellato l’azienda Paolelli, provocando la morte di tre persone, il figlio di 37 anni del titolare, Valerio, e due dipendenti, Antonio Morsani e Antonello D’Ambrosio.
Anche in quel caso la immagini mostrarono uno scenario da post bombardamento bellico.
E il 21 dicembre del 2020 nuovo incidente alla Esplodenti Sabino di Casalbordino, provincia di Chieti, con tre operai morti. Ferrovia e statale 16 Adriatica rimasero bloccate per ore, fu istituita la zona rossa in attesa delle bonifiche.
Nella stessa fabbrica che, con oltre 70 dipendenti, cura, recupera e tratta polvere pirica derivata da bonifiche di ordigni bellici, nel 1992 era morto il 48enne Bruno Molisani, ucciso dall’innesco di una spoletta; e nel 2009 due persone rimasero ferite gravemente in un’esplosione.
Oggi la nuova tragedia a Teramo, con un operaio 62enne dilaniato da un ordigno.