“Tu resti ed interroghi”. Il Preghiera di Pasqua del Vescovo dei Marsi, Pietro Santoro
AVEZZANO- In occasione della Settimana Santa, momento fondamentale per la vita della Chiesa, monsignor Pietro Santoro vescovo dei Marsi, ha voluto scrivere una toccante preghiera per il popolo di Dio della Diocesi dei Marsi. “Tu resti ed interroghi” questo titolo così dento di speranza cristiana è stato scelto dal vescovo dei Marsi: un titolo che sprona anche il popolo cristiano della Marsica in un momento tanto difficile dovuto alla pandemia da Covid-19. Questo è il testo della preghiera:
“Dinanzi al Crocifisso rinnovo il riconoscimento della mia fede: Tu, o Cristo, sei la speranza di tutte le stagioni della vita. Solo in Te si placano e si dilatano le inquietudini. Solo in Te. In nessun altro. Ho scelto di camminare con Te, anche quando le foglie della gioia cadono e mi appare solo il legno ruvido della Croce. Lasciandomi guardare da Te vedo il volto vero del Dio invisibile, perso per amore, Dio che tutti possiamo colpire nel dramma della libertà svuotata. Ma vedo anche il mio cuore di credente che naufraga nella parata di recitazioni se non assume la dimensione dell’esistenza data, offerta, martirizzata. Signore Gesù, ho accanto a me il fratello che ti vede, distratto o irritato, sulla parete di edifici pubblici. Anche lui interpellato, come me, a non considerarTi un innocuo simbolo decorativo.
Nel tempo senza tempo delle narcosi della coscienza Tu resti, comunque, la narrazione dell’uomo condannato, abbandonato, rifiutato, umiliato. Resti il grido muto di tutti gli abbandonati che non trovano mai nessuno dalla loro parte. Il grido di una giustizia desertificata e resa solo un gioco di apparenze per salvare la sedia delle convenienze. Resti il grido che sveglia il sonno di chi non condivide il dolore delle solitudini e delle prevaricazioni e crede che la civiltà si tuteli con le gabbie murate, mentre le radici e l’espansione di una civiltà solida è solo deposta nel fermento dei ponti delle esigenti accoglienze. Tu resti e interroghi, dentro una storia che rinnova il Tuo Venerdì: le tenebre si fanno più dense, il sole si oscura, la terra trema, l’uomo agonizza nel suo vorticoso girare su se stesso. Interroghi me, credente del terzo giorno, certo del grido diventato vento di Resurrezione: Presenza non ricordo, Vita non sepolcro, Incontro non fondale nostalgico, Luce che sbreccia le scalcinate pareti della morte, non ombra che inghiotte la speranza, Parola di Verità che travolge nel vortice delle illusioni i borbottii e i soliloqui pronunciati dinanzi agli specchi delle orgogliose autonomie. Interroghi me e quanti portano il Tuo nome, il nome di cristiani, e poi fanno scempio di questa identità, perché turisti del Calvario, portatori di aromi alla tomba sigillata, latitanti di passione per il Tuo Vangelo, confezionatori del Dio fluido, conveniente per tutti gli usi, religiosi senza redenzione, in fuga dalla Tua Chiesa. In fuga, anche se presenti, perché non costruttori del Cenacolo dove il Sacramento della salvezza diventa novità di perdono, di fraternità e di missione, ma tessitori di brandelli che lacerano la tunica indivisa.
Signore Gesù, lo svuotamento abissale della Tua ora nona e lo splendore della Domenica di Pasqua non siano per me dimensioni scollegate, ma si ricompongano nell’Eucarestia, dove la Tua Carne viva è ogni giorno il Pane che fermenta la mia Risurrezione e mi inchioda ad essere impasto capace non di essere nutrito, ma di nutrire la fame di quanti Tu mi hai messo accanto per custodire e servire”.