Un anno fa moriva per un incidente stradale Juan Carrito, uno dei figli dell’Orsa Amarena
AVEZZANO – Un anno moriva Ganimede, alias M20 o meglio conosciuto come Juan Carrito, lo splendido orso del Parco Nazionale d’Abruzzo, investito e ucciso mentre attraversava SS17 a Castel di Sangro, un tratto di strada poco lontano dal cimitero. Aveva tre anni ed era stato appena svezzato, e pesava il doppio dei suoi coetanei: più di centocinquanta chili.
Morto su una strada killer che prima di lui ha visto il decesso di altri due orsi e dove, purtroppo, ancora oggi ci sono ancora molti tratti da mettere in sicurezza, nonostante le tante rassicurazioni e i proclami ascoltati in quei giorni.
Simbolo dell’Abruzzo, Juan Carrito, figlio di Amarena, anch’essa morta lo scorso anno uccisa per mano dell’uomo da un colpo di fucile, era un orso confidente famoso per le sue tranquille passeggiate a San Sebastiano, a Roccaraso e in ogni punto del territorio a cavallo fra Parco Nazionale, Marsica e Alto Sangro.
Attratto dal “cibo facile” suscitava simpatia per le sue scorribande, come un’ incursione in una pasticceria e persino per una vista nei pressi del ristorante dello chef pluristellato, Niko Romito che si dichiarò onorato della visita del plantigrado e a nulla sono valsi i tentativi di dissuasione per riportarlo nel suo habitat.
Inutile ribadire che l’Orso Bruno Marsicano è tra le 15 specie animali del pianeta a rischio estinzione la cui presenza contribuisce al nostro benessere. Rappresentano, infatti, un indicatore positivo della salute dell’ambiente: se c’è lui l’ambiente è salubre. Per questo motivo i plantigradi marsicani sono considerati una specie ombrello. Avendo la necessità di muoversi in ampi spazi non inquinati, la sua conservazione diviene tutela della nostra salute. Quale specie “critica”, invece, sono fondamentali per il mantenimento dell’ecosistema: via lui spariscono, a cascata, altre categorie di animali.
Per questo la perdita di Juan Carrito prima e di Amarena poi, rappresenta un danno incalcolabile per il territorio, oltre che un dolore difficilmente cancellabile per tutti gli abruzzesi.