Un Cioccolatino Storico. La Domenica delle Palme nella tradizione abruzzese
AVEZZANO- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al secondo appuntamento con i racconti del Cioccolatino Storico. Quest’oggi, in occasione della Domenica delle Palme, ci piacerebbe compiere con un voi un viaggio all’interno delle tradizioni popolari abruzzesi legate alla giornata in questione. E questo viaggio lo faremo in compagnia del celebre antropologo abruzzese Gennaro Finamore e del suo interessantissimo testo “Credenze, usi e costumi abruzzesi”.
Così Finamore descrive le tradizioni abruzzesi della Domenica delle Palme (riporteremo così com’è il testo del celebre antropologo abruzzese);
“Nella Domenica delle Palme i contadini tornano della campagna con fascetti di palme (rume di olivo) da far benedire nella messa cantata. Quando il divino uffizio incomincia, e il celebrante è innanzi alla porta della chiesa, che è serrata, proprio una foresta di olivi gli ondeggia all’intorno. Benedette, le palme sono cosa sacra. In segno di amistà, di pace, di devozione, si offrono all’amico, alla sposa, al padrone. In casa, le mettono a capo del letto, tra le immagini sacre, ritenendo che preservino dalle febbri. In campagna, le piantano in vari luoghi, per tener lontane le tempeste.In Aquila, Celano, Pescina, Popoli, Pettorano e Palena con le foglie dell’clivo benedetto, traggono i presagi sulla vita, come in altri luoghi nel Capo d’anno, e più ancora nella Pasqua di Ceppo;La cenere da dare sul capo a’ fedeli, nel primo giorno di Quaresima, si prepara, in qualche luogo, col bruciare le palme benedette dell’anno innanzi.
La Domenica delle Palme è giornata di osservazioni e di presagi per l’andamento del tempo e la riuscita delle raccolte:
1)Se nel mattino il cielo è sereno, e il sole spunta chiaro, l’annata sarà buona, ed al contrario (Ortona a mare);
2)Se nella Domenica delle Palme, e quando si sciolgono le campane, spira il maestrale (lu nabistrane) l’annata sarà buona (Vasto);
3)Se piove nella Domenica delle Palme, l’estate sarà asciutta; ed al contrario. «Palma ‘mbusse, manoppr’ assuille (Gessopalena)» «Parma ’nfossa, manoppio as sullo (S. Pelino)» «Se la paim ‘è ‘mbusse, la rischia (arista = spiga) è ‘ssulle (Campli)». – E viceversa. Quanto a prodotti: se ppiov’ a lu Frascone, «ogne ccoppa fa’ ‘nasome (Teramano)». «Quande pi ve ‘ m Balm ‘, é bbóne (Lanciano)». Invece, a Caramanico si crede che il grano soffrirà il carbone (lu pozze). Ma: «Se ppiove ‘m Balme, lu ‘raindinije nen ze trove»; perché, come si è detto, la pioggia in quel giorno, ritiensi come indizio di estate asciutta; per la qualcosa, molti o si astengono dal seminare il gran turco (lu ‘randinije – grano d’ India), o ne seminano poco (Roccascalegna, Campli);
4)Quando il celebrante, col calcio della croce, picchia la porta, per dar segno a quei di dentro che l’aprano, si osserva che vento spira; e quello dominerà nel tempo delle raccolte (Gessopalena);
5)Aperta la porta, mentre il sacerdote, seguito dalla folla de’ palmigeri, rientra in chiesa cautando “l’Osanna filio David”, si guarda chi gli tien dietro più da vicino. Se è un benestante, buon augurio: l’annata sarà copiosi di raccolte. Mi, se è un povero, sarà il contrario (Gessopalena). A Villa Santa Maria, un’osservazione simile si fa nel Sabato Santo.
Cibi di rito, nella Domenica delle Palme: la salsiccia, la quajjata (latte accagliato), e i calcioni. In Lanciano, all’ora del vespro, è gran concorso nella chiesa di S. Maria Maggiore (già tempio di Apollo), per la predica, che chiamano de li “caviciune”. Qualche grullo non manca al quale si fa credere che il predicatore ne dispensi; e, avvertitolo di stare attento e preparato al punto, si fa mettere vicino al pulpito, per essere de’ primi ad averne.
Ma, che una volta si dispensassero davvero, come già i buccellati (li piccellate) di s. Biagio.Nella Donenica delle Palme si canta il primo Passio, e nel Venerdì santo, l’ultimo. In questo periodo di tempo, nè s’ha d’ordire tele, nè muttere uova a covara. «La léle sú da urdi’ prime che sse cinde In Passije (Gessopalena)». Se la gallina già cova quando si canta il Passio, bisogna mettere tra le uova un pezzettino di ferro; altrimenti, la chiocciata andrebbe a male. Meglio pero, il meglio è di porre le uova in tempo che non possano essere «colpite dal Passio»; cioè, o tanto prims che per allora le uova si trovino schiuse, o poi; mentre, d’ordinario: «L’ ove che sse mélle la Seltemana Sunde, isce tutte fiasciine (S. Eusanio del S., Lanciano, Ortona a Mare, Pettorano»). «La Settemana Sande, n’n ze pó punne’ la bblocche (Castiglione a Casuria)». Parimenti, se vuolsi che vengano bene, non s’ha da lavorare attorno alle fave. «La feve z á da realla’ s’ á da sarchii’ (Villa Santa Maria)» «prime che zze atande In Passije (Oitona a mare)». Se ze sarchie ‘la S. S., le fave fåune ji viozze (Castiglion e Casauria): fanno i baccelli corti e abbozzolati”.
Un Abbraccio Storico