Un Cioccolatino Storico. La festa del Corpus Domini nella tradizione abruzzese raccontata dall’antropologo Gennaro Finamore
MAGLIANO DE’ MARSI- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti a questo nuovo appuntamento con i racconti del Cioccolatino Storico. Nel giorno in cui la liturgia cattolica ci fa celebrare la Solennità del “Corpus Domini” – forse una delle feste cattoliche più importanti- ci piacerebbe riportarvi ciò che il grande antropologo abruzzese Gennaro Finamore scrisse– proprio su questa festa- all’interno del suo scritto “Credenze, usi e costumi abruzzesi”. Inoltre vi racconteremo l’origine delle Infiorate visto che nella Marsica – vedi Magliano de’ Marsi, Pescasseroli etc)- è una pratica religiosa/artistica assai diffusa.
Ma ora concentriamoci su ciò che il dottor Finamore scrisse per descrivere tale festa. Buona lettura, ah il testo è in lingua originale dell’epoca (di fine ottocento e abbiamo deciso di riportarlo com’era). Buona lettura.
“La sera della vigilia del Corpus Domini, in tutta la Marsica, accendono lumi alle finestre. Nella mattina della festa, gli usci di via sono ornati con grandi rami di quercia o di olmo, che vi restano fino alla sera della vigilia di S. Giovanni. Allora, sono tolti, e ne fanno falò sulle strade (Ari).
Gli sposi, nella notte, piantano sotto le finestre delle loro belle alberetti di ciliegio co’ frutti. Ma però, ora che i ciliegi sono piuttosto rari, o almeno di maggior valore, è più frequente veger piantati de ‘ pioppi, che nel paese abbondano (Fara filorum Petri).
Fino a che la processione non sia passata, i balconi e le finestre sono ornati con coperte e coltri di seta o di altra migliore stoffa e da’ più vari e vistosi colori. Perché ornano in tal modo le finestre? Per fare onore al Santo? «A le fenestre ce ze métte le cupèrte pe’ hunurá ‘ la prucessione (Ortona sul mare)». Ma però, c’è anche un altro fine. Le stoffe, benedette dal passaggio del Santissimo, non intarlano. «Quande ggende n’n ze le pijjasse chela ‘mbrèssce, se nen fussce ca le cu pèrle nen ze tarle! (Lanciano)». «Addó se pose la crócia granne de sanda Mari, se móre lu cape de case (Lanciano)».
– La «croce grande», conservata nella chiesa di Santa Maria Maggiore, è opera mirabile di maestro Nicola di Guardiagrele che precesse di un secolo Benvenuto Cellini (Vedine la illustrazione in V. Bindi, Monumenti d’arte dell’Abruzzo) –.
Quella croce è portata in giro una volta l’anno, nella sola processione del Corpus Domini. Essendo pesante, convien pure che chi la porta riprenda fiato alcune volte durante la ben lunga processione, e poggi a terra l’asta su cui è impernata. Senonchè, questa posata, pel popolino, non è un fatto indifferente. Nell’anno, morrà il capo di una delle case più vicine al punto in cui la croce fu deposta. Non ha molto, la desolata vedova di un vecchio ottantenne attribuiva quella fermata la morte immalura del suo sposo!”.
Per quanto concerne l’origine dell’infiorata ci dobbiamo spostare a Roma, nella prima metà del XVII secolo quando, nei pressi della basilica vaticana tale Benedetto Drei e suo figlio Pietro usarono i”fiori frondati e minuzzati ad emulazione dell’opere del mosaico” per celebrare la festa dei Santi Pietro e Paolo (il 29 giugno del 1625) patroni di Roma. Pensate che nel 1633 un quadro fatto con i fiori fu realizzato da uno stretto collaboratore del grande Bernini.
Però bisogna aspettare il 1778 quando tali quadri furono allestiti in occasione della festività del Corpus Domini (festività istituita l’11 agosto del 1264 a seguito del riconoscimento del Miracolo Eucaristico di Bolsena da parte di papa Urbano IV con la bolla “Transiturus de hoc mundo”) una delle prime in assoluto – la cui origine oscilla tra il 1778 ed il 1782- è quella di Genzano (il provincia di Roma).
Un Abbraccio Storico