Un Cioccolatino Storico. Speciale Venerdì Santo: il racconto della Passione di Cristo vista dalle lettere di Pilato a Erode e Tiberio
AVEZZANO- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al secondo appuntamento settimanale con i racconti del Cioccolatino Storico. In questo Venerdì Santo – giorno in cui si ricorda la morte di Gesù – ci piacerebbe farvi fare un bellissimo viaggio alla scoperta dei testi apocrifi che parlano proprio della Passione di Cristo. In particolar modo oggi vi proporremo tre documenti, tratti dal Ciclo di Pilato – una sere di scritti apocrifi attribuiti alla figura del governatore Pilato – che in qualche modo raccontano una personale versione della morte di Cristo.
Primo documento, una lettera che Pilato manda ad Erode:
“Non fu una buona azione quella che, per tua istigazione, feci allorché gli Ebrei mi condussero Gesù, detto Cristo. Dopo essere stato crocifisso, nel terzo giorno risuscitò dai morti, come mi è stato annunziato anche dal centurione. Io stesso decisi di mandare una spedizione in Galilea: fu visto nel suo proprio corpo e nella sua identica fattezza. Con la stessa voce e con gli stessi insegnamenti si manifestò a più di cinquecento uomini timorati di Dio. E costoro diffondono questa testimonianza senza alcuna paura; annunziano anzi con sempre maggiore coraggio la risurrezione e un regno eterno, a tal punto che sembra che i cieli e la terra si rallegrino per i suoi santi insegnamenti. Mia moglie Procla, dando credito a sogni che le erano apparsi, mentre io per tua istigazione lo stavo mandando alla crocifissione, mi lasciò con dieci soldati e con il fedele centurione Longino per contemplare le sue sembianze come se si trattasse di un grande spettacolo. E l’hanno visto seduto in un campo coltivato, circondato da una grande folla, mentre insegnava le grandezze del Padre, tanto che tutti rimasero fuori di sé dalla meraviglia (per il fatto che) colui che aveva sofferto ed era stato crocifisso, era risorto dai morti. Mentre essi lo stavano osservando con molta attenzione, si diresse verso di loro e disse: “Siete ancora increduli verso di me, Procla e Longino? Non sei forse stato tu che hai fatto la guardia durante la mia passione e al mio sepolcro? E tu, donna, non hai forse mandato un messaggio a tuo marito a mio riguardo? Il testamento di Dio disposto dal Padre. Per opera della mia morte che voi conoscete io, risorto dopo aver molto patito, vivificherò tutta la carne che si era perduta. Or dunque sappiate che non perirà ogni carne che crede in Dio Padre e in me. Io ho, infatti, sciolto i dolori della morte e ho trafitto il drago dalle molte teste. Nella mia prossima venuta ognuno risusciterà con lo stesso corpo ed anima che ha adesso e benedirà il Padre mio, il Padre di colui che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato”. All’udire tali cose, tanto mia moglie Procla, quanto il fedele centurione Longino che aveva fatto la guardia durante la passione di Gesù, nonché i soldati che li avevano accompagnati, elevando grida e pieni di tristezza, vennero ad annunziarmi queste cose. Io, a mia volta, le annunziai ai miei grandi commissari e ai miei compagni di milizia; ed essi, pieni di tristezza, elevarono grida analizzando quotidianamente il male che era stato compiuto verso di lui, mentre io mi univo al dolore di mia moglie dormendo digiuno sulla nuda terra. E giunto il Signore innalzò da terra sia me che mia moglie. Osservatolo bene, vidi che il suo corpo aveva ancora le cicatrici. Egli posò le sue mani sopra i miei omeri dicendo: “Ti benediranno tutte le generazioni e i popoli perché, durante la tua epoca, il Figlio dell’uomo morì e risuscitò, salirà nei cieli e sederà nelle sublimità celesti. E tutte le stirpi della terra sapranno che io, nell’ultimo giorno, verrò a giudicare i vivi e i morti”.
Nella risposta che da Erode al governatore Pilato – che quest’oggi non vi riporteremo- ne emerge una serie di sfortunati eventi (prendendo in prestito il titolo di una nota serie tv americana) avvenuti a seguito della morte di Gesù.
Viceversa, nel secondo documento che vi riporteremo c’è la comunicazione che il governatore Pilato fa proprio all’imperatore Tiberio:
Prima Lettera, è Pilato che scrive all’imperatore Tiberio:
“Gesù Cristo, del quale ti scrissi recentemente, è stato ormai ucciso contro la mia volontà. Mai s’era visto un uomo così pio e austero, n‚ più si vedrà. Ebbe del meraviglioso la tensione del suo popolo e il consenso di tutti gli scribi, prìncipi e anziani sicché nonostante le controverse testimonianze dei loro profeti delle Sibille diremmo noi che questo ambasciatore della verità fu crocifisso. Mentre egli pendeva dalla croce apparvero segni soprannaturali che, a parere dei filosofi, minacciavano la rovina del mondo. Restano i suoi discepoli che con le opere e con la vita temperante non smentiscono il loro maestro, anzi nel suo nome sono generosissimi. Se io non avessi temuto una sedizione del popolo, già incandescente, forse quell’uomo sarebbe ancora vivo tra noi. Si può, forse, attribuire a una mia mancanza di fedeltà alla tua dignità e all’avere io seguito il mio capriccio invece di resistere con tutte le mie forze a che non fosse sparso questo sangue giusto immune da ogni accusa e vittima della malizia umana; ma, come dicono le Scritture, doveva essere venduto e soffrire la passione per la loro stessa rovina”.
L’imperatore sembra non gradire la comunicazione fatta da Pilato e gli risponde in maniera schietta! Ah, fate attenzione alla parte finale del testo:
“Contestazioni di Cesare Augusto mandate a Ponzio Pilato governatore della provincia orientale. Egli scrisse la sentenza di suo pugno e la mandò per mezzo del messaggero Raab al quale aveva dato duemila soldati. Avendo tu osato condannare a morte Gesù Nazareno in un modo violento e totalmente ingiusto ed ancor prima della sentenza condannatoria avendolo tu consegnato nelle mani degli insaziabili e furiosi Ebrei; non avendo tu avuto compassione di questo giusto, gli desti anzi una canna e l’hai sottoposto ad una orribile sentenza e al tormento della flagellazione e, senza alcuna colpa da parte sua, l’hai consegnato al supplizio della crocifissione, non senza aver ricevuto dei regali per la sua morte; avendo tu manifestato sì della compassione, con le parole, ma con il cuore l’hai affiancato ad un Ebreo senza legge: per tutto questo dunque, tu stesso sarai condotto in mia presenza carico di catene per presentare le tue scuse e rendere ragione della vita che tu senza motivo alcuno hai consegnato alla morte. Che crudeltà e che vergogna! Appena ho udito queste cose ne soffrì molto l’anima mia e le mie viscere andarono a pezzi. Venne, infatti, da me una donna che si dice sua discepola Ä è Maria Maddalena dalla quale, a suo dire, mandò via sette demoni Ä e attestò che egli fece moltissime guarigioni: fece vedere i ciechi, camminare gli storpi, udire i sordi, purificare i lebbrosi e, come essa attesta, guarì soltanto con la parola. Come hai acconsentito che costui fosse crocifisso senza motivo alcuno? Se, infatti, non potevi accertarlo come Dio, dovevi almeno comprenderlo come medico. Ma la stessa astuta relazione che tu mi hai mandato esige, per te, un castigo: tu affermi che era superiore a tutti gli dèi che noi veneriamo. E come dunque hai potuto consegnarlo alla morte? Come tu, ingiustamente, hai condannato costui e l’hai consegnato alla morte, così io, e giustamente, ti abbandonerò alla morte. E non soltanto te, ma anche tutti i tuoi consiglieri e complici, dai quali hai ricevuto regali di morte. Consegnò poi questa lettera ai messaggeri, e con essa anche la sentenza con cui Augusto ordinava, per scritto, di passare a fil di spada tutto il popolo ebraico e condurre Pilato a Roma come prigioniero e con lui gli Ebrei notabili che in quel tempo comandavano: Archelao, figlio dell’odiosissimo Erode, il suo complice Filippo, il pontefice Caifa e con lui Anna, suo suocero, e tutti gli altri notabili ebrei. Raab partì con i soldati e fece quanto gli era stato ordinato: passò a fil di spada tutti gli Ebrei maschi ed espose alla violazione dei gentili le impure loro mogli, donde germogliò una discendenza abominevole essendo una generazione di satana. Il messaggero prese poi Pilato, Archelao e Filippo, Anna e Caifa e tutti i notabili ebrei, e li condusse prigionieri a Roma. Ed avvenne che passando per una certa isola chiamata Creta, Caifa perdette la vita in modo miserabile e violento. Ma quando fu preso per essere sepolto, la terra non volle riceverlo nel suo seno, e lo scacciò fuori. Visto questo, la folla dei presenti prese in mano delle pietre e le gettò sul cadavere dandogli sepoltura in questo modo. Gli altri giunsero a Roma. Nell’antichità c’era la consuetudine che un reo di morte fosse liberato dalla condanna qualora avesse visto la faccia del re. Perciò, affinché non sfuggisse alla condanna a morte, Cesare vietò che Pilato fosse condotto in sua presenza. Secondo gli ordini dell’imperatore, lo posero invece in una caverna e lo lasciarono là. Anna fu avvolto in una pelle fresca di bue e posto a seccare al sole: restringendosi, essa opprimeva le sue viscere che gli salirono in bocca e così perse violentemente la sua miserabile vita Gli altri ebrei furono uccisi passati a fil di spada. Ma Archelao; l’odiosissimo figlio di Erode, e il suo complice Filippo furono condannati a essere impalati. Un giorno il re, andato a caccia, stava inseguendo una gazzella; ma, allorché questa giunse davanti alla porta della caverna, si fermò. Pilato era sul punto di perire per mano del Cesare intento a mirare la sua preda; Pilato si spinse a vedere quanto stava succedendo e la gazzella andò a mettersi proprio davanti a lui. Cesare lanciò subito una freccia per colpire l’animale, ma essa attraversò l’ingresso della caverna ed ammazzò Pilato […]”.
Un abbraccio storico