Un Cioccolatino Storico. “Tra campane a festa e grappoli d’uva”, vita e storia di Sant’Orante patrono di Ortucchio
ORTUCCHIO- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al secondo appuntamento con i racconti del Cioccolatino Storico. Quest’oggi nel paese di Ortucchio, si celebra la solennità di Sant’Orante; un santo pellegrino anonimo che proveniva dalla Calabria e che da Roma si fermò sulle rive del Lago Fucino, precisamente a Ortucchio. Per farvela breve, in questo nostro racconto, vi parleremo proprio del pellegrino Orante.
Se guardiamo l’agiografia (ovvero la vita di un santo) di Sant’Orante, ci può sembrare una vera e propria pagina di cronaca nera: un pellegrino, per giunta “straniero” (usiamo le virgolette, visto che in quel tempo non vi era ancora la concezione unitaria della nostra Italia) che è morto assiderato fuori di una chiesa. “E’ scandaloso che un pellegrino rimanga fuori da una chiesa.. Questa è la chiesa..etc” queste possono essere alcune affermazioni degli haters da tastiera (e non solo): ma la storia di Orante e tutt’altra cosa.
Della vita del pellegrino Orante sappiamo davvero poco, oltre al luogo di provenienza (la Calabria) e la data di morte (5 marzo del 1431) siamo a conoscenza esclusivamente del suo passaggio nella Marsica. Secondo un racconto agiografico Orante, dopo una giornata di elemosine, avrebbe fatto ritorno nella chiesa ove risiedeva, ma trovò l’edificio religioso chiuso. In pieno inverno – l’inverno del 1431 fu particolarmente rigido – Orante si mise a pregare all’esterno poggiando le sue ginocchia su un cumulo di viti secche. Il povero pellegrino Orante morì per assideramento, era il 5 marzo: l’indomani Ortucchio venne svegliato dal suono a festa delle campane.
Allora il popolo si recò presso la chiesa e trovò il pellegrino in posizione “orante” (stava pregando) in ginocchio su quelle viti non più secche ma che avrebbero prodotto nottetempo uva matura; non conoscendo il suo nome, lo chiamarono dalla posizione assunta “Orante”.
Così, monsignor Corsignani raccontò la vicenda di Sant’Orante nella sua “Reggia Marsicana”:
Orante con due Compagni avendo visitato i Santuari di Roma, e per la suddetta Regione de Marsi il cammino facendo, giunse all’Isola, appellata da Diodoro istorico Issa, da Paolo Marso Ortigia, e comunemente nominata Ortucchio. Quivi allora facean dimora alcuni Uomini di pescagione intorno al rinomato Lago Fucino, dove con limosine de’ Fedeli essi fabbricato aveano una Chiesa sotto il titolo di Nostra Donna, che per la vicinanza del Lago, il nome di Santa Maria in Capo d’acqua ritenne, la qua le senza dubbio dalla presenza di questo gran Santo Romito fu ella illustrata. Ma perchè al medesimo Orante Qrante sopraggiunse la febbre e con enfiamento nel Corpo, non potendo Egli più oltre il viaggio prose guire, fu obbligato per occulto arcano del Cielo, e per buona sorte della nostra Gente di restarsene fra Pescatori; conchè gli altri suoi Compagni desiderosi di giovare al prossimo, avendo preso da Lui commiato, per altre Regioni partironsi.
Orante intanto così malsano e infermiccio, solitario e non conosciuto, povero e meschino rimasto in istraniero Paese, essendosi umiliato a Divini voleri, per sua stanza l’accennato Templo si elesse, dove, continuamente orando oglla meditazion delle cose Celesti, brevissimo riposo sopra la nuda terra carpiva. In tal guisa negletto ed abbandonato da tutti, soffrì Egli per amor del suo DIO, che sì fattamente come dro nel fuoco volle provarlo, inenarrabili angosce – , procacciandosi al meglio che poteva il necessario lo stentamento colle pie obblazioni di persone divote .
Un giorno finalmente, benchè soperchiato dal suo malore, essendo stato forzato dalla dura necessità di proccurarsi il vitto, uscì dal menzionato Tempio e andò pe’ tenimenti vicini limosinando: come fievole di forze giunse nottetempo al suo Abituro, che dentro la riferita Chiesa esisteva; ed avendo toccato colle ma ni l’uscio, ben chiuso trovandolo, tornò in dietro per almeno ricettarsi dentro la Terra di Ortucchio, ma anco di questa incontrando serrate le porte, crebbe in Lui qualche calor febbrile con maligni sintomi per gli patimenti, per la rigidezza dell’aria, e per le umide e dense tenebre della notte : il perchè si adagiò sopra alcuni sermenti secchi di viti nel modo che potè per la fiacchezza , dove con santa sofferenza rimettendosi al Divino volere, postosigi. nocchione in atto di orare, passò alla vita beata nel dì 5 di Marzo dell’A. 1431.
Ed allora tantosto udironsi da per se suonar le Campane: per la qual cosa si destò all’improvviso a quel divoto rimbombo gran gioia nel Popolo, che subito accorse al Tempio, senza però rinvenirvi alcuno. Nel far del giorno empissi di nuovo la Gente di ammirazione, e si accrebbe in ciascuno lo stupore nel trovar poi a caso fuori della detta antica Chiesa di Nostra Donna il lodato Santo estinto coll’accennata positura in ginocchiato, avente presso di se il bordone e la taisca. Ma quantunque fosse d’inverno tuttavolta con maraviglia fu osservato quel fascetto di secchi sermenti verdeggiare coll’Uve, come se fosse stato in tempo della vendemmia. Per tal prodigio allora, e per altri portenti operati da DIO pel suo Orante che non furono registrati dalla negligenza de’ nostri Antenati, celebraronsi con somma pietà e con eccessi di giubilo sontuosi funerali al pio defunto, che fu in di con divoto avello seppellito nel medesimo luogo.
Ma essendo stata dappoi edificata un’altra nuova Chiesa sotto al suo nome dalla pietà e munificenza del Popoli, in essa il Santo Corpo (senza sapersi altra contezza della sua propria situazione) in pace riposa. La detta Tasca nel riferito Templo divotamente ogni anno si mostra dove ponendosi da’ Sacerdoti il vino, egli è prodigioso per lo male di Stomaco. Se ne celebra ivi la Festa ogn’ anno con pompa solenne nell’accennato giorno de’5 di Marzo, frequentata pure dagli Ortucchiesi e da, tutta quella parte de nostrali, con gran copia di messe e vi è anco la fiera.
Un Abbraccio Storico