Un Cioccolatino Storico. “…Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa”, storia di Trilussa il grande poeta romano
ROMA- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al consueto appuntamento con i racconti del Cioccolatino Storico. Il 26 ottobre del 1871 nacque a Roma Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri: forse questo lungo nome non vi dice nulla di familiare, ma se lo accorciamo in questo modo, Trilussa, beh le cose cominciano a cambiare. Dopo il grande Giuseppe Gioacchino Belli, toccherò a Trilussa prendere la staffetta della poesia dialettale romanesca e sarà degno erede del Belli.
Figlio del cameriere Vincenzo (originario di Albano Laziale) e della sarta bolognese Carlotta Poldi il piccolo Trilussa restò subito orfano di padre all’età di cinque anni: fu sua madre che lo crebbe e lo invogliò allo studio. Sua madre lo iscrisse presso il celebre Collegio Poli (è il palazzo della Fontana di Trevi) gestito dai frati. Ma il piccolo Carlo non era poi così bravo a scuola! Era negligente, si applicava poco e preferiva frequentare le bettole, le partite di carte e le partite di calcio.
Nonostante ciò, quando aveva sedici anni (1887), Trilussa pubblicò il suo primo sonetto dal titolo L’invenzione della stampa sul Rugantino, il giornale scritto in dialetto romanesco e diretto da Giggi Zanazzo. Qui, per la prima volta si firmò con lo pseudonimo di Trilussa. Tali pubblicazioni, oltre nel far ridere l’intera città, crearono una certa fama nei riguardi del giovane Trilussa e questo gli aprì mole porte.
Divenne giornalista e scrisse per alcuni giornali della Capitale tra cui il Don Chisciotte della Mancia, un quotidiano di diffusione nazionale di cui divenne redattore e cronista firmando articoli satirici contro la politica di Francesco Crispi e cronache cittadine della vita romana. Nel 1894 pubblicò la sua seconda raccolta Quaranta sonetti romaneschi affermandosi come poeta del dialetto romanesco.
Trilussa diventò, mano-mano, sempre più famoso e popolare anche tra gli ambienti “in” di Roma: ma lui voleva di più, e così iniziò nel declamare i versi ne teatri e nei caffè-concerto (assi diffusi in città). Poeta, scrittore, attore ed anche.. scrittore di favole! Nel 1901 pubblicherà la celebre raccolta di sonetti Favole romanesche. La fortuna di Trilussa è data dal fatto che le sue favole non avevano mai una morale generica e astratta, ma si rifacevano direttamente alla concretezza dei fatti della vita. Nel 1917 (anno in cui la gente aveva bisogno di ridere, visto le problematiche derivanti dalla Grande Guerra) Trilussa pubblicherà “La vispa Teresa”.
Quindi abbiamo visto il Trilussa poeta, il Trilussa scrittore/giornalista, il Trilussa attore, il Trilussa favolista ora vediamo il Trilussa politico. Il suo essere un grande osservatore sociale lo portò anche ad essere uno strenuo difensore della libertà dei popoli, mettendo a nudo politici e non solo. Durante il ventennio fascista, a chi gli domandava se era antifascista lui rispondeva che era un “non fascista”.
Passata la guerra, il suo essere artista in tutti i sensi, venne “premiato” dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi: venne nominato “senatore a vita” era il 1° dicembre del 1950. Ma Trilussa sottolineò tale nomina con una sagace ironia commentando che:“M’hanno nominato senatore a morte”.
Il maestro c’aveva visto giusto anche quella volta, difatti si spense il 21 dicembre del medesimo anno nella sua casa-studio di via Maria Adelaide 17 a Trastevere.
E visti i tempi in cui viviamo, vi salutiamo con una sua celebre poesia intitolata “Ninna Nanna della Guerra”:
“Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!”
Un Abbraccio Storico