Un Cioccolatino Storico. “Vae victis!”, il Sacco di Roma del 387 d.C. e lo strano Sciamano Americano
Washington D.C- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti in questo nostro nuovo cioccolatino storico. La storia che oggi ci piacerebbe raccontarvi ci parlerà di un fatto che accadde nella città di Roma nel 387 a.C (oppure nel 390 a.C secondo altre fonti storiche) e che ricalca moltissimo ciò che i mass media ci stanno facendo vedere in questi giorni, ovvero del tedioso assalto al Capidoglio di Washington D.C ad opera dei “seguaci” di Mr Presidente Trump. Forse ciò che ci è saltato più all’occhio è stato lo strano tizio vestito da.. beh, lui afferma da sciamano, per noi sembra più un gallo (con rispetto per le popolazioni galliche) che, in qualche modo, ci riporta alla mente l’episodio che oggi vi stiamo per raccontare.
Se vi dicessimo: “cosa vi fa pensare alle Oche del Campidoglio?” siamo sicuri che moltissimi di voi ci diranno di Brenno e del Sacco di Roma: e proprio oggi di questo parliamo. Siamo tra il 387 ed il 390 a.C (qui la storiografia è assai divisa) l’esercito romano aveva subito una grave sconfitta sul Fiume Allia a 18 chilometri dalla via Salaria nell’attuale territorio di Monterotondo da parte dei Galli Senoni guidati da Brenno. I pochi soldati romani che erano sopravvissuti alla carneficina, incalzati da nemico, si ritirarono dietro le mura di Roma: però commisero un grave errore, lasciarono aperte le porte della città. Ovviamente i Galli approfittarono di questa grave distrazione e riuscirono ad entrare a Roma, mettendola a ferro e fuoco: dettero fuoco persino all’antico archivio della città, difatti parecchi documenti storici inerenti agli eventi storici antecedenti al 387/389 a.C andarono perduti.
A questo punto i Galli arrivarono alle soglie del Senato di Roma: qui trovarono tutti i senatori seduti sui propri scranni, così da mantenere il proprio ruolo. La scena dell’ingresso dei Galli al Senato di Roma vi ricorda qualcosa? Come si dice, i corsi e i ricorsi della Storia. Fortunatamente a Washington D.C non è andata male come in questa storia. I senatori venne letteralmente massacrati! Lo stesso Tito Livio, nel V libro capitolo 41 di Ab Urbe Condita ci racconta l’episodio del senatore Marco Papirio, scrive così: “Mentre i Galli li fissavano assorti come se fossero statue, pare che uno di essi, Marco Papirio, quando uno dei barbari gli si avvicinò per accarezzargli la barba (lunga come era d’uso in quel tempo), ne scatenò la reazione rabbiosa colpendolo sulla testa con il bastone d’avorio e diede così il via al massacro. Gli altri furono trucidati sui loro seggi. Una volta completata la carneficina dei nobili, non ci fu più pietà per nessuno: le abitazioni vennero saccheggiate e date alle fiamme dopo esser state svuotate da cima a fondo”.
Solo il Campidoglio resistette all’attacco dei Galli, che preferirono dividere in due parti l’esercito invece di completare l’assedio. Ovviamente, una notizia così di grande impatto si diffuse immediatamente ed arrivò fino alle orecchie di Marco Furio Camillo: da Ardea, luogo in cui si trovava, riuscì ad organizzare un esercito che sconfisse i Galli così fecero anche i soldati romani chi si erano rifugiati a Veio. Ma Roma era ancora sotto assedio da parte dei Galli: allora Veio mandò a Roma, come messaggero, Ponzio Comino così da convincere il Senato nel far eleggere, per la seconda volta Furio Camillo alla carica di Dittatore.
Comino ruppe l’assedio ed il senato romano fu costretto nell’attuare la sua richiesta. E dopo ciò subentrarono le leggendarie oche sacre del tempio di Giunone (le famose oche del campidoglio) che, con il loro starnazzare fecero capire al console Marco Manlio di un tentativo d’ingresso da parte dei Galli. Siamo sempre nella leggenda però!.
Ma come si concluse la storia, con l’intervento della Guardia Nazionale? Assolutamente no, Roma, ridotta alla fame dovette pagare una somma intorno alla 1.000 libre d’oro. Ma Roma non dimenticò, anzi Furio Camillo non dimenticò: in due battaglie campali i Romani massacrarono completamente i Galli. Furio Camillo ebbe onori ed oneri e visse fino all’età di 81 anni quando morì di peste.
Vedete? La storia è come una ruota che gira..
Un Abbraccio Storico