Un Cioccolatino Storico. Viaggio nella Marsica Orientale prima del terremoto del 13 gennaio 1915 (Seconda Parte)
AVEZZANO- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al consueto appuntamento con i racconti del Cioccolatino Storico. Nella “Seconda puntata” del nostro viaggio alla scoperta della Marsica prima del Terremoto del 13 gennaio 1915 parleremo di quella che noi comunemente chiamiamo “Marsica Orientale” e lo faremo in compagnia dei viaggiatori ottocenteschi/novecenteschi che solcarono la Marsica durante il Grand Tour.
Ecco le testimonianze, sperando di aver accontentato tutti:
Celano (Edward Lear, Viaggio Attraverso l’Abruzzo pittoresco, 1846):
“Ricorderò sempre le ventiquattro ore trascorse a Celano con grande piacere; ricorderò la mattina nei freschi prati ai piedi della città, girando tra gli alti pioppi avvolti dalle viti, fino a quando il 6 sole andava a battere sulle immense rocce e costringeva ognuno a ritirarsi per il fresco; i meriggi senza nuvole quando tutto era tranquillo; le calme sere, così piene di piacevoli avvenimenti. Durante la notte, calma e lucente era la distesa del lago, che sembrava d’argento, sotto la finestra del palazzo al chiarore della luna piena; l’antico castello proiettava le sue lunghe ombre sulla città addormentata”
San Pelino – Paterno di Avezzano (Alexandre Dumas, La Marsica e il Fucino in una cronaca di viaggio a metà ottocento, 1835):
“San Pelino San Pelino, il primo paese che incontriamo cominciando a percorrere il perimetro del lago Fucino, è un ameno borgo situato in uno dei posti più incantevoli della vallata.
Proprio sulla strada sta Paterno, che non ha nulla di interessante se non le rovine di un vecchio castello feudale che domina l’abitato e una fonte, presso la cappella di sant’Onofrio, a cui la tradizione locale assegna la proprietà di guarire le febbri”.
Gioia dei Marsi (Don Andrea Di Pietro, Agglomerazioni delle Popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, 1869):
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“Il fabbricato di Manaforno, ossia di Gioja-nuova è molto decente, ma non è bene ordinato, perché quei proprietari che hanno edificato le novelle abitazioni proprie, potevano meglio disporle. Gli uomini sono industriosi, e perlopiù addetti al commercio col quale provvedono quello che potrebbe mancare alle loro famiglie. Portano nei mesi d’inverno i loro animali pecorini, cavallini, e vaccini dei quali abbondano, nelle Puglie dove possiedono vistose censuazioni che hanno pure adesso in buona parte affrancate; li riportano nei mesi estivi a pascolare nelle loro alte montagne, ed ottengono così il lucro corrispondente. Le donne poi che rimangono sempre nei propri focolari sono robuste e nella maggior parte addette alla manifattura e tintura dei panui, coi quali, al gusto dei Greci, coprono i lo ro mariti e famiglia. Il popolo in genere, specialmente il basso, è morigerato e religioso in maniera che nella mia gioventù, io ricordo non trovavasi in Manaforno uomo che avesse abusato del vino, o avesse speso il tempo in inutili giuochi. Il territorio è ferace, specialmente quello rilasciato dal Fucino che i Manafornesi aveano acquistato dagli Ortucchiesi quando era occupato dalle acque; produce ogni specie di Cereali; e dà la sufficienza di buou vino. L’aria poi che in Manaforno si respira, è assai temperata e salu tifera, eccettuati i mesi di Luglio e di Agosto, quando è dannosa, attesi i vapori che esalano dai ristagni di Fucino, cosa che col ritirarsi del lago andrà pienamente a svanire. Per questo motivo principalmente nei detti mesi di Luglio, e di Agosto, vanno a riabitare l’antica Gioja”.
Aschi (Don Andrea Di Pietro, Agglomerazioni delle Popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, 1869):
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“Il clima del paese di Aschi situato fra i monti è molto rigido e gli abitanti ritengono ancora la proprietà di montanari intrattabili riconosciuta negli antichi popoli Osci da Giuseppe Micali. Coltivano quei colli, e quelle valli, non che i piani di Vico, ed hanno la sufficienza dei cereali, come ancora che questi ultimi quella del vino, e respirano un’aria salubre”.
Luco dei Marsi (Alexandre Dumas, La Marsica e il Fucino in una cronaca di viaggio a metà ottocento, 1835):
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“L’ultimo villaggio è Luco, l’antica Angiazia, città che gli storici dicono sia stata distrutta dai Romani, quando entrarono in Marsica. Si racconta che qui vicino sorgesse una città di nome Penne, abbandonata dai suoi abitanti a causa di una terribile invasione di serpenti. Alcune rovine simili a quelle trovate tra Paterno e Celano indicano che qui doveva sorgere la seconda porta dei Marsi. Probabilmente era la cittadella fortificata di Angizia. I Romani, nel conquistare questi luoghi ebbero cura di smantellare tutte le fortificazioni lasciando in piedi solo la loro potente colonia di Alba. Cos’ sparirono, senza che si possa individuare con certezza dove fossero, Milonia, Tresilia, e Plestonia. Roma”.
Trasacco (Edward Lear, Viaggio Attraverso l’Abruzzo pittoresco, 1846):
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“Quello che a Trasacco mi è piaciuto di più vedere è una vecchia torre, di forma strana, quadrata alla base, rotonda nella parte superiore, la quale domina in lungo e in largo sul lago, e ha in lontananza dietro si sé il Velino. Si dice che Oderisi, conte dei Marsi, abbia dimorato nella “torre antica di Trasacco” nell’anno 1050, ma dove esse si trovasse non sono riuscito a sapere. …Nel paese ho visionato, grazie a don Serafino, un antico libro Memorie della Chiesa di Trasacco, un opuscolo che contiene alcune notizie interessanti in mezzo ad una congerie di noiosi particolari”.
Collelongo (Don Andrea Di Pietro, Agglomerazioni delle Popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, 1869):
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“Il medesimo paese di Colle-lungo ha un comodo fabbricato abitato da ricchi proprietari; ha la sufficienza dei cereali che perlopiù raccoglie dalla lunga sua valle, ha poche vigne, e rimette la provista necessaria dalle molte vigne che possiede a Trasacco; ha le acque abbondanti per gli usi comuni: i contadini nell’inverno quando hanno poco da lavorare nel proprio territorio, emigrano in buona parte nelle campagne Romane, o Pugliesi; e l’aria che in esso si respira è anche buona”.
Villavallelonga (Don Andrea Di Pietro, Agglomerazioni delle Popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, 1869):
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“Questo paese ha un mediocre fabbricato; ha la sufficienza del grano che raccoglie perlopiù nella lunga valle; non ha vigne, e provede il vino necessario da Trasacco, o da Rajano; ha le acque sufficienti agli usi comuni; i pae sani per la maggior parte emigrano nei tempi d’ inverno quando quasi tutto il territorio è coverto, o per fare i fossi nella Marsica piana, per o addirsi ad altri lavori nelle campagne Romane, o Pugliesi; nell’ estate oltre la coltura dei campi, s’ impiegano a fare le arche, ed altri lavori di legno per la pesca di Fucino; e l’ aria che si respira in quel luogo è molto salutifera”.
Pescasseroli (Don Andrea Di Pietro, Agglomerazioni delle Popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, 1869):
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“Il fabbricato di Pescasseroli è buono, ed in esso primeggiano le due abitazioni dei Signori Sipari riccamente corredate. Gli abitanti hanno buone pratarie; raccolgono dai campi la quasi sufficienza del grano; si saziano di buone carni di animali domestici, e nella buona stagione sono provisti di ottime verdure specialmente dalla possessione chiamata l’orto dei Preti. Del resto sono quasi tutti addetti al commercio, e nell’ inverno quando quella parte dell’Appennino è ricoverta di nevi, portano i numerosi propri animali nelle Puglie dove possiedono estese censuazioni, per riportarli nella buona stagione a godere i pascoli salutiferi di cui abbondano le montagne degli Abruzzi. L’ a ria che in tal paese si respira, è assai salutare”.
Un Abbraccio storico