Un Cioccolatino Storico. “Zeppole o bignè?”. L’eterno e dolce dilemma del giorno di San Giuseppe
MAGLIANO DE’ MARSI- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al secondo appuntamento settimanale con i racconti del Cioccolatino Storico. Prima di iniziare questa “dolce” storia permetteteci di fare gli auguri a tutti i papà del Mondo, a quelli che sono qui accanto a noi ma soprattutto a quelli che ci vedono dal Cielo, e che San Giuseppe protegga loro e tutti in noi in questo memento storico così difficile.
Dal titolo già potete capire che questo racconto sarà un po’ differente dagli altri e, in qualche modo, vuole dare spiegazione a due prelibatezze proprie di questo giorno così importante. Inizieremo con la Zeppola: un’antica leggenda ci narra che San Giuseppe, dopo aver portato in salvo la propria famiglia in Egitto, per sbancare il lunario, oltre al carpentiere si mise a confezionare dolci. Le leggende son belle anche per questo però, siccome siamo alla ricerca della storia, ci dobbiamo dedicare alla ricerca delle fonti storiche.
Una delle prime attestazioni sull’origine delle zeppole partenopee le abbiamo grazie alle monache di San Basilio del noto monastero di San Gregorio Armeno, e siamo intorno al ‘700. Viceversa, la prima ricetta delle zeppole di San Giuseppe a Napoli l’abbiamo grazie al celebre gastronomo Ippolito Cavalcanti (il Gordon Ramsey dell’epoca) nel “Trattato di Cucina Tecnico-Pratico”.
Per quanto concerne il bignè dobbiamo “sportarci” a Roma. Il celebre attore e poeta romano Checco Durante parlando di questa prelibatezza scrisse: “San Giuseppe frittellaro ttanto bbono e ttanto caro tu cche ssei ccosì ppotente da ajiutà la pora ggente”. Questa sorta di filastrocca ci parla, nella sua semplicità, anche di un legame forte ed antico che lega San Giuseppe alla città di Roma: un legame tanto forte che portò i cittadini romani -in particolar modo la congregazione dei falegnami della città- nel restaurare un’antica chiesa (sita sull’antico carcere mamertino e che era dedicata a San Pietro in carcere) e l’11 novembre del 1663 riaprila al culto dedicandola a San Giuseppe dei Falegnami.
Proprio nei pressi di questa meravigliosa chiesa che il 19 marzo, dopo la solenne processione si era soliti intrattenersi dinanzi alla chiesa per consumare un pranzo insieme: e c’erano anche dei dolci fritti. Qui nacque “er frittellaro” con i suoi bignè di San Giuseppe. Una golosa testimonianza di questi bignè ce la fornisce uno scrittore improbabile, il tedesco Goethe che, dopo aver visitato la città ed assaggiato il dolce in questione scrisse: “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti”. Un Abbraccio Storico.