Un sogno in mezzo a Roma: Piazza di Trevi
ROMA – Se esiste al mondo una piazzetta che assume in sé tanta storia, tanta bellezza e tanta aneddotica questa è proprio Piazza di Trevi.
Questo fazzoletto di terra al centro di Roma, a un passo da piazza del Popolo e a un tiro di schioppo da via Barberini ospita una chiesa detta di Santa Maria in Trivio nella quale risiedono le spoglie mortali nientemeno che di San Gaspare del Bufalo, grande santo romano. E’ una chiesetta minuscola, una bomboniera, che, come se non bastasse, custodisce anche le spoglie del venerabile don Giovanni Merlini: una chiesetta con due santi!
Nella piazza si trova anche una delle più famose “Madonnelle” della Capitale (chi parla bene le descrive come edicole sacre dedicate alla Vergine Maria), ovvero quelle bellissime edicole mariane che sorgono qua e la sui muri delle vie, spesso agli angoli dei palazzi e rappresentano la testimonianza della tradizionale fede popolare romana. Durante il Medioevo, nel Rinascimento e più ancora dopo la Controriforma, le edicole si diffusero in tutti gli angoli della città e sono spesso delle vere opere d’arte.
Lasciamo la chiesetta, facciamo due passi, ma proprio due e siamo al cospetto della maestosa Fontana di Trevi che rappresenta il piatto forte della piazza, nel cui vascone tutti gettano una monetina pur di tornare a Roma cosa che, invece, i romani evitano di fare nella speranza di lasciare l’Urbe (ormai invivibile): chi lancia una moneta nella vasca deve svolgere un rituale: in primis dare le spalle alla Fontana tenendo la moneta con la mano destra, quindi lanciarla facendola passare sopra la spalla sinistra. Attenzione: se lancia due monete, troverà l’amore, se ne lancia tre ha il matrimonio assicurato.
– Marcello! Marcello! –Gridava Anitona Ekberg in mezzo all’acqua della Fontana nella famosa scena de “La Dolce Vita”. Fallo oggi e i pizzardoni (il nomignolo dei vigili urbani di Roma) ti portano via così velocemente che ti ritrovi dal bagnato al fresco senza dire nè ai nè bai.
Dovete sapere che secondo un’antica tradizione romana, nei punti finali degli acquedotti veniva innalzata una fontana monumentale, detta appunto “mostra”. Questa rappresentava la glorificazione dell’impresa fatta per portare da lontano acqua al popolo. La mostra serviva anche per tessere l’elogio e porre la “firma” del nobile o del Papa di turno che l’aveva realizzata: portare l’acqua a Roma era un must soprattutto per i papi. Grazie a questa moda la Capitale divenne la città delle fontane, fontanelle e delle mostre come quella dell’acqua Felice che trae il nome da papa Sisto V Felice Peretti, quella dell’acqua Paola sul Gianicolo voluta da Papa Paolo V Borghese e che avete visto nel film ”La grande bellezza”, l’acqua marcia che termina nella fontana delle Najadi costruita dal bisnonno dell’ex sindaco di Roma Rutelli e voluta da Papa Pio IX e infine l’Acqua Giulia a Piazza Vittorio fatta costruire da Alessandro Severo.
Fontana di Trevi è la mostra dell’acqua vergine voluta da papa Clemente XII. L’Opera prende il nome dalla piazza che anticamente si chiamava “in trivio” perché alla congiunzione di tre strade. Questo inno al barocco romano è la più grande opera di idraulica della Capitale e non fu realizzata dal Bernini (come tanti credono) ma dal Salvi. Era ed è talmente maestosa che fu inaugurata tre volte! Passò di guaio in guaio e sapete quante mani vi posero opera? Prima Leon Battista Alberti e in seguito Giacomo Della Porta, il famoso architetto “fontaniere” di Roma (era una specie di FIAT delle fontane romane). Urbano VIII Barberini ebbe invece una pensata: chiamò il Bernini autorizzandolo a spogliare dai marmi nientemeno che la tomba di Cecilia Metella ma l’operazione fu interrotta dai romani “vagamente” innervositi da quell’idea vandalica.. Sapete, nella storia di Roma, la famiglia Barberini famosa per spogliare dei marmi i monumenti antichi tanto da dare adito ad una delle più celebri pasquinate:-Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini “quello che non hanno fatto i barbari, lo hanno fatto i Barberini”. Nel caso della nostra fontana, poi, Urbano VIII dovette spendere molti soldi per il suo costosissimo progetto e quindi aumentò le tasse sul vino tanto caro ai romani e Pasquino disse la sua:
“Per ricrear con l’acqua ogni romano/di tasse aggravò il vino papa Urbano“
Urbano VIII e Bernini non videro terminata la Fontana che fu riprogettata dal Salvi dietro ordine di Papa Clemente XII il quale ( ci crederete?) potè iniziare i lavori grazie alla reintroduzione del lotto a Roma, facendola diventare quella che è oggi. Purtroppo anche Salvi non ne vide la fine e l’opera fu terminata da Giuseppe Pannini ed ora noi posteri ce la godiamo…
Un aneddoto è legato al grosso vaso posto sul lato destro della fontana e soprannominato “Asso di Coppe” per la sua somiglianza con l’omonima carta da gioco. La sua funzione non è nè strutturale nè funzionale ma ricorda una vicenda molto particolare.
Nel 1732 Nicola Salvi si trovava nel pieno dei lavori di edificazione dell’Opera.
Caso volle che sul lato del cantiere posto in via della Stamperia vi fosse la bottega di un barbiere rompiscatoleil quale, osservando ogni giorno il cantiere, non risparmiava al Salvi una miriade di critiche e di suggerimenti fuori luogo sul come dirigere i lavori. Dopo l’ennesima interferenza, Salvi decise di porrefine alla cosa. L’architetto fece scolpire di fronte alla bottega un grande vaso ornamentale affinchè il barbiere non potesse più vedere quanto in costruzione e di conseguenza, infastidirlo. L’ ”Asso di Coppe” si trova ancora oggi in quel punto per ricordare a tutti i saccenti di passeggio di farsi i propri affari.
Fontana di Trevi è anche ammantata da un velo di romanticismo, infatti, incastonata al suo interno, quasi sotto all’”Asso di Coppe”, c’è la fontanella degli innamorati, una vaschetta rettangolare con due piccole cannelle. Si racconta che in passato le coppie vi si recassero prima della partenza per il servizio militare del fidanzato affinché l’amore potesse resistere alla separazione. Tradizione narra, infatti, che tutti gli innamorati i quali bevevano dalla fontanella restavano uniti per sempre! Bisognava, però, seguire un rituale: la ragazza doveva offrire al fidanzato l’acqua in un bicchiere che doveva essere, poi, spezzato (il bicchiere, naturalmente) dopo che questi ne aveva bevuto il contenuto. Ma la vera peculiarità della Fontana è il suo tesoro: ogni giorno le monetine che vengono raccolte dalla sua vasca assommano a circa 3.600 €, danaro che viene devoluto alla Caritas.
Per finire due curiosità che riguardano la manutenzione dell’Opera.: Chi ha visitato la Fontana ha notato che a differenza degli altri gruppi marmorei di Roma, gli uccelli non vi si avvicinano e sapete perché? È elettrificata. Un marchingegno nascosto genera piccole scariche elettriche che spaventano gli uccelli senza danneggiarli; altra cosa non nota è che per proteggere il marmo dal calcare contenuto nell’acqua, nella vasca viene sciolta una grande quantità di sale. Dimenticavo…: in via della Stamperia, quella del barbiere (ricordate?), a ridosso della Fontana, fu ospitato il primo torchio da stampa Gutemberg italiano.
Questa è parte della storia di Piazza di Trevi e della sua famosa Fontana che, spero, sia stata gradita. Porgo i miei saluti e vi attendo al prossimo articolo.