Una strada, di notte, all’epoca dell’infezione – (un racconto di fantasia…)

La giornata era stata soffocante.
Chiuso in casa, le ore erano trascorse fra i tentativi di lavorare, pochi in realtà, e il saltellare fra mille programmi televisivi, ora un film, ora un telefilm e, talora, perduto fra le mille e mille parole dei talk show e dei telegiornali, in edizione speciale, per gli aggiornamenti sull’andamento delle cose.
Una immagine s’era stampata nella mia mente: quel treno carico di gente che cercava di sfuggire, in barba ad ogni autorità e buon senso civico, dalla Città ammalata…
Avevo aperto la finestra, verso mezzogiorno, per constatare che il sole era velato da una grigia foschia e che il Corso poco distante era del tutto vuoto e solo, ad un tratto, era transitata una sgargamellante vettura con la marmitta evidentemente usurata. Ma sparita quella, era tornato uno strano, incredibile per certi versi, silenzio immoto!
Dalla porta del supermercato si intravvedeva una piccola fila, composta, ma di gente tutta imbacuccata e qualcuno con una mascherina più o meno improvvisata.
Chiusa la finestra, il mondo sparì e mi ritrovai nel silenzio domestico, uno strano silenzio, con le ragazze chiuse in camera loro e mia moglie a cercare di mettere ordine da qualche parte, di là di una porta chiusa.      Così trascorse la giornata, con le parentesi di due rapidi e frugali pasti, chissà poi perché frugali visto che il cibo pareva fosse l’unica cosa possibile ancora a poter esplorare…
Terminò anche l’ultimo film e l’ultima edizione del telegiornale e, così, mi ritrovai non già in una selva oscura, ca la diritta via avea smarrita, ma piuttosto in una scatola che sembrava diventar, ogni momento, più stretta e soffocante.
Fu decisione neanche ponderata, che se lo fosse stata l’unica alternativa sarebbe stata quella d’andare a letto, a rinfoderarsi quasi come una spada inutilmente brandita per tutto il giorno, ma piuttosto un improvviso moto di ribellione dell’animo, non già verso le autorità, ma piuttosto contro quell’entità strana, aliena, nanometrica, che eppure riusciva a tenere in scacco quella umanità, sedicente signora del creato… Imbacuccato e con una mascherina, una di quelle che tenevo in una vecchia borsa in dotazione dall’epoca del servizio militare, sono uscito nella notte oscura, resa forse più tetra per quella caligine del giorno che s’era trasformata in nebbia.
Nebbia talora fitta e rischiarata dalla luce dei lampioni che contribuiva a creare un’atmosfera spettrale.
Ho cominciato a camminare di fretta e quasi respirando al ritmo dei miei passi che sembravano un accelerato metronomo e così risuonavano nella notte.
Nessuno in giro, poche luci accese alle finestre a dichiarare una veglia inquieta. Son arrivato sino alla stazione: nessuno in giro e tutto buio, neanche i soliti nottambuli e quei quattro spacciatori pronti alla fuga alla prima vista di un lampeggiante blu, che neanche quello appare…
Ad un tratto mi son fermato ad un quadrivio e mi son guardato intorno. Silenzio, desolazione, deserto silente…
Ho capito allora una cosa: questa infezione ci ha tolto ogni sicurezza, ha stabilito una sorta di preoccupato regime di paura, sottile che si è insinuato progressivamente dentro le nostre anime.
Eravamo sicuri della nostra scienza, della nostra potenza, delle nostre capacità e, invece, una entità nanometrica ha scosso tutto dalle fondamenta e, sulla scorta di quel che fanno le autorità, non ci sentiamo certo più sicuri, perché siamo tornati, per certi versi, all’epoca nella quale la tecnologia non c’era, dove dobbiamo tornare a contare sui comportamenti e, dove, anche la reazione istintiva può essere pericolosa. Essere razionali all’epoca dell’infezione, quando nell’animo bussa l’istinto della mandria in fuga, questo è il reale problema!
D’un tratto ho avvertito una presenza: dietro di me, scodinzolante e con la lingua di fuori stava Blackie, il mio maltese… Era sgattaiolato fuori di casa e mi aveva seguito, forse per non lasciarmi fuori da solo!
Così, su una strada di notte, all’epoca dell’infezione ho ritrovato la sicurezza di un amico.                
Con Blackie trotterellante al mio fianco, son tornato a casa…

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