Una Testimonianza… Centocinque anni dopo…
Son qui fermo, non davanti ad una vecchia e antica Underwood, come sarebbe accaduto ad un reporter dell’epoca, e neppure davanti ad una Lettera 22 di circa un secolo dopo!
Sono davanti ad un moderno personal computer, la pagina bianca è sostituita da una schermata bianca ed io non so cosa scrivere…
Il mio Direttore mi ha chiesto almeno una cartella su questa giornata che è un centocinquesimo anniversario, ma la mia mente sembra vuota, svuotata… Ho timore di scrivere cose già scritte, cose già riflettute, combinare cioè quella che chiamano una “menestra rescallata”… No! Quella no! Non oggi!
Eppure non ho idee, ne cerco nei recessi della memoria ma non ne trovo…
Sul cassettone c’è una foto! Ezio e Luisa, i miei nonni!
Ed eccola lì! Sì, caro Direttore, l’idea è arrivata! Ma non so se ti piacerà, per un editoriale…
Ma io la scrivo, sì la scrivo questa che non è cronaca, non commento editoriale ma, sì, è vero, è una testimonianza, in realtà!
Guardo quella fotografia: è quella del cinquantesimo anno di matrimonio!
E ripenso a Ezio, mio nonno, che aveva già quasi perduto sua moglie, la sua prima moglie, Vincenza Beretta per una brutta malattia, oggi diremmo autoimmune, e poi in quel giorno, quel maledetto 13 gennaio 1915, l’avrebbe infine, davvero, perduta così come aveva perduto la madre Giuditta, la moglie di Domenico, quel mio bisnonno con quella sua faccia che sembrava arcigna e malcreata, e il figlio Tonino e la domestica, una brava donna di Celano che credo si chiamasse Virginia…
E d’un tratto realizzo una cosa fondamentale!
Nonno Ezio, dopo il terremoto, dopo qualche anno sposò Luisa Tozzi da cui nacquero Maria, Vincenzo, Irma e poi Nino, mio padre!
Si, realizzo una cosa che mi lascia senza fiato: io son nato dal figlio che riebbe il nome di quello che non era più!
Ma io, io, mio Dio, io ci sono perché nonno si risposò e perché c’è stato Nino…
La storia non si fa con i sé o con i ma, eppure chissà se ci sarebbe stato Nino, se ci sarebbe stata Luisa, sua mamma e mia nonna e così io…
Già io nasco dalla nuova famiglia che nacque dopo la tragedia…
Ed è questa la mia testimonianza: nonno, come tanti altri, ebbe il coraggio di ricostruire, ricominciare e dare nuovo corso alla storia, alla vita innanzitutto!
E’ una grande eredità quella che mi porto dentro, una eredità che per nonno fu dolorosa eppure, nonno, ricostruì e andò avanti con coraggio e con sacrificio.
Chissà cosa pensò davvero quel giorno che tornò giù, dalla Val Fondillo dove aveva la sua segheria, quella col padre, e come mi raccontò: “…arrivai e li trovai sotto una coperta, allineati sulla strada…Presi le assi e le levigai con la pialla…Poi feci le casse e li misi dentro, quei corpi…Rimasi a guardarli andar via sul carretto, sino al cimitero, là dopo la chiesa di Santa Maria…”
Non mi disse mai cosa provasse, forse ero troppo piccolo oppure, magari, non avevo poi tanta confidenza con lui da chiedergli dei suoi pensieri più intimi, ma in quel giugno del 1970, mentre stava vicino alla stufa a gas, infreddolito per la lunga notte trascorsa in ospedale al capezzale di sua moglie, nonna Luisa…
Mi sentii vicino a lui, quel giorno e oggi, so per certo, che quel giorno seppi cosa doveva aver provato nonno quando la terra distrusse la sua prima famiglia…
Son nato perché ci fu il terremoto e con me molti altri: è una eredità dura!
Ecco perché amo questa Terra, questa Città di oggi, il Popolo Invisibile e la Città Invisibile che, pur scomparsa, sopravvive con le sue nascoste vestigia…
Amo questa terra, queste case, questo popolo e vorrei fare qualcosa di davvero potente perché non sia mai sconfitto, così come non lo fu da quel terremoto, così come non lo fu mio nonno…
Direttore, perdonami! Non son stato capace di scrivere l’editoriale che avresti voluto…
Ho scritto una testimonianza, con gli occhi velati di lagrime…
Ho scritto col cuore più che con la mente…
Perdonami Direttore!
gmdp