USTICA
Torre di controllo “Itavia otto sette zero, è autorizzato a Palermo via Firenze, Ambra 14. Salire e mantenere livello di volo uno, nove,zero. Ripeta e richiami quando pronto al decollo”
Aeromobile: “otto sette zero è pronto per Palermo, via Firenze, Ambra 14, livello uno nove zero.Vi richiamiamo quando pronto.”
Aeromobile: “otto sette zero pronto per il decollo”
Torre di controllo: “otto sette zero pronto per il decollo”
Erano le 20:08 del 27 giugno 1980; alle ore 21 esatte i radar di Fiumicino cessavano bruscamente di registrare le conversazioni con l’Itavia 870, un Dc-9 in volo tra Bologna e Palermo con a bordo 81 persone (77 passeggeri tra cui 11 bambini e 4 di equipaggio). L’aereo scomparve dai radar. Facciamo una breve cronaca. – Alle ore 20.26 I radar di Roma Ciampino denuncianoun malfunzionamento, così come quello della difesa aerea a Ferrara. Il transponder dell’Itavia (il congegno che identifica sui radar l’aeromobile) non fornisce il codice assegnatogli 1136 rendendolo, quindi, un velivolo sconosciuto. Un F-104 italiano lancia il segnale Nato di emergenza generale. Poi il codice riappare e alle 20.30, secondo quanto affermano i tecnici del radar di Ciampino, il Dc-9 dell’Itavia perde nuovamente il codice di identificazione. Dieci minuti dopo l’F-104 invia ancora un segnale d’emergenza, captato in tutte le basi militari del Mediterraneo. Dalla base francese in Corsica si levano in volo quattro caccia; altri quattro da Grosseto. Dalla base di Sigonella decolla un F-14 Tomcat americano. Tutto somiglia a una manovra militare.
Poco dopo un elicottero della Marina Militare, ricercando l’aeromobile Itavia, trova dei rottami che galleggiano: sedili, pezzi d’ala, una chiazza di carburante, sono ripescati 39 corpi, gli altri sono a 3.700 metri di profondità insieme a quel che rimane dell’aereo. – Secondo l’autopsia i passeggeri morirono per decompressione polmonare e lesioni traumatiche gravissime. Insomma la cabina si era spaccata. La scatola nera registrò che tutti i sistemi di volo avevano smesso di funzionare contemporaneamente. Da qui il mistero che ha perdurato fino ai nostri giorni: Cosa diavolo accadde?
Nel periodo intercorso dall’incidente aereo fino alla data dei vari giudizi civili e penali, accaddero cose inquietanti e la verità ha sempre stentato ad emergere. Tutti i tentativi cozzarono contro un muro di gomma. Durante il corso dei processi e delle inchieste governative da più parti furono avanzate le più svariate ipotesi per comprendere la dinamica dell’accaduto. Fu un cedimento strutturale dell’aeromobile perchè la flotta aerea dell’Itavia era ritenuta vecchia e mal mantenuta? La colpa era da attribuirsi ad un attentato terroristico con una bomba posta nella toilette dell’aereo? Panorama in un suo articolo del 2018 riporta: “Nella scorsa legislatura, i parlamentari della commissione d’inchiesta sul caso Moro hanno scoperto l’esistenza di documenti segreti dai quali emergerebbe con chiarezza la possibilità di un coinvolgimento diretto del terrorismo palestinese nella caduta dell’aereo.” Fu, quindi, il Fronte di liberazione della Palestina a far cadere il Dc9 come ritorsione per l’arresto di alcuni suoi militanti in Italia? Recuperate le parti della fusoliera, tra cui i vani carrelli e bagagliaio, si dimostrò l’inesistenza di una esplosione interna.
Nel novembre 1980 John Macidull del NTSB considerato uno dei periti più importanti in ambito mondiale nel settore (Il National Transportation Safety Board è un’agenzia investigativa indipendente del Governo degli Stati Uniti che indaga ed emette rapporti in merito agli incidenti che coinvolgono aeroplani, navi, treni, oleodotti e gasdotti), analizzando il tracciato del radar di Ciampino concluse che l’abbattimento fu causato da un missile; un altro esperto americano, Robert Sewell, ex responsabile settore missili della base US Navy di Pensacola, esclamò: “missile” esaminando nel 1993 il relitto parzialmente ricostruito. In seguito furono formulate quattro distinte ipotesi: l’aereo era stato colpito da uno o più missili di volta in volta lanciati dall’Aeronautica italiana, americana, libica o israeliana. Nessuno di questi quattro scenari é stato però mai confermato da prova o testimonianza. Come se non bastasse, segreto si aggiunge a segreto, gli inquirenti valutarono l’ipotesi che sul Dc-9 Itavia (proprio quello della strage) ci fosse materiale fissile italiano da consegnare in Iraq per attivare una centrale nucleare militare proprio dopo che Saddam Hussein aveva dichiarato di voler bombardare Israele.
A questa vicenda si incrocia quella del ritrovamento dei resti di un Mig libico sulla Sila. Nello specifico, il Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare Alessandro Marcucci, riteneva di avere le prove che quell’aereo, il cui pilota nascondeva nel cosciale la dichiarazione di avere abbattuto il Dc9 Itavia, non fosse partito dalla Libia ma da un aeroporto italiano. Inoltre aveva confidato di conoscere i nomi di alcuni ufficiali che avrebbero consegnato le strip di volo a conferma del suo decollo da Pratica di Mare (vicino Roma). A proposito di questo aereo, ritrovato il 18 luglio 1980, la nostra Aeronautica afferma che era rimasto senza carburante, a bordo il pilota indossava divisa e anfibi della nostra Aeronautica e all’esame autoptico morto almeno venti giorni prima. Altra stranezza? Il pilota era di origine siriana o palestinese. Il suo nome completo e il grado erano Capitano Pilota Ezzeidin Fadhil Khalil in missione di addestramento regolare. Il suo aereo avrebbe dovuto essere disarmato ma bordo c’era un cannoncino e la carlinga era perforata da fori di proiettile!
Iniziate le inchieste sulla tragedia di Ustica, si sviluppò una vera epidemia: 13 militari che erano tutti a conoscenza dei fatti o parti di essi e che erano di servizio agli schermi radar, quella sera, morirono per “diverse cause” dal 1980 fino al 1995 tanto che Il giudice Priore parlò di “decessi per i quali permangono indizi di collegamento con il disastro del Dc-9 e la caduta del Mig” Quello che sappiamo è che il Dc-9 a causa di un ritardo si venne a trovare, secondo il giudice Rosario Priore, al centro di un episodio di guerra aerea di fatto. Quella notte, fa sapere la NATO, in volo c’erano molti altri aerei, francesi, libici, italiani e di altre nazionalità e perfino la portaerei Saratoga navigava nelle acque sottostanti e dalla quale decollarono diversi aerei. In quell’occasione l’ammiraglio James H. Flatley spiegò che: “due MIG libici ci erano venuti incontro in atteggiamento aggressivo e avevamo dovuto abbatterli”.
Quale confusione! Gli americani avrebbero abbattuto due Mig libici, un Mig libico caduto sulla Sila ritrovato con la confessione del pilota di avere abbattuto a sua voltail Dc9, aerei a caccia di materiali radioattivi e anche un ventilato tentativo dell’allora leader libico Muammar Gheddafi di uccidere l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter durante un viaggio in Europa. Chi fece cosa e perché ancora non lo sappiamo. Rimangono due tesi a confronto: missili o bomba? E’ dello scorso mese la sentenza per la quale i ministeri della Difesa e dei Trasporti sono stati condannati a risarcire 330 milioni di Euroagli eredi della società Itavia per non aver garantito la sicurezza dei cieli. Mi chiedo al pari di Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica che in una intervista rilasciata all’ADN Kronos disse: “Ma se, come è stato accertato al di là di ogni dubbio, il Dc9 dell’Itavia è esploso per una bomba a bordo, su cosa avrebbero dovuto vigilare i ministeri dei Trasporti e della Difesa?“. Perizie dei processi penali affermano la presenza dell’ordigno, perizie dei processi civili attribuiscono l’abbattimento dell’aereo a dei missili.
Non mi interessa la teoria del complotto. Non voglio pronunciarmi sulla cosa: non sono giudice né giuria e tantomeno un esperto. Mi chiedo solo perché, dopo 40 anni, ancora non si conoscono motivazioni e nomi dei colpevoli e questo non credo sia ammissibile in una nazione civile. Un saluto dalla distanza di un metro e mezzo.