“Veglia nel deserto…” – Tra racconto e testimonianza, tra ricordo e realtà odierna due riflessioni sull’orlo della notte!

Sono quasi le 21,00.
Lentamente percorro quella strada che fiancheggia la Chiesa, quella dall’altra parte dell’alto campanile.
Non si sente nulla!
Quasi che ci fosse il vuoto.
Tutto d’intorno assomiglia ad un deserto.
Mancano la sabbia e le dune, ma anche quelle non ci sono nel Nefud!
Oppure, forse, ci sono ma io ricordo solo una piatta desolazione…
Guardo l’orologio e vedo che l’ora è scoccata.
Prendo il mio smartphone e mi collego alla pagina dove stan trasmettendo ciò che sta accadendo oltre le porte chiuse della Chiesa e comincio a seguire quelle immagini talora un po’ stentate, ogni volta che la schermata, a bassa definizione, sembra bloccarsi, sia pur per un solo istante.
Vedo così, oppure forse lo ricordo così, perché lo scorso anno era diverso, ebbene vedo il diacono che sta porgendo il cero al vescovo che vi imprime i caratteri dell’anno in corso…Poi accendono il cero al fuoco benedetto…
E, pian piano, la Chiesa buia si accende delle luci di mille e mille candele…
Passa del tempo ed ecco l’exultet, intonato, non dal Cantore dello scorso anno, ma dal parroco.
Non lo vedo bene, ma lo intuisco: serio, attento, pienamente partecipe nel momento…La sua è una piena testimonianza perché, tra l’altro, oggi il giorno 11 aprile è per lui una data storica…
Ecco arrivare le letture…
Il tempo sembra contrarsi…
Non capisco bene quali siano… La linea è disturbata!
Ed allora, in un istante, affiorano i ricordi: sento O. che legge di Abramo e Isacco sopra il monte, Fabio che legge Baruch e, poi, ad un tratto, la mia voce che legge Ezechiele…”…Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo…Toglierò via il cuore di carne…Abiterete nella terra che diedi ai vostri avi: voi sarete il mio popolo e Io il vostro Dio…
Le parole escono dalla memoria come quell’acqua famosa che sarebbe discesa fino all’Araba… Suonano le campane della risurrezione. La veglia va avanti, fino alla fine.
Lentamente tutto finisce, la veglia pure… Tutto silenziosamente si spegne… La batteria si è esaurita!
Nel silenzio sempre più fitto, nell’aria immota mi volto verso la piazza desolata e mi avvio in questo Nefud silenzioso, sotto a luce delle stelle ignare, col passo insicuro di chi vede intorno a sé una notte non più magica, ma solo le tenebre calate sul deserto silenzioso.
Cammino, cammino, non so più verso dove…
Forse tornerò a casa, ma per farlo debbo uscire dal deserto e non solo della coscienza.
Guardo il cielo lassù: scorgo qualche stella tremolante: questa è la notte delle notti…
Eppure c’è qualcosa di evanescente in essa…
Forse è solo che ci sono state altre notti come questa, ma questa è diversa… E’ vissuta nella dimensione dei ricordi oppure della immaginazione…
Alla fine lascio la piazza e cammino su verso casa.
Attraverso davvero un Nefud interiore, la piatta distesa dove lo spirito è denudato.
Sono di fronte a me stesso e alla santità di questa notte, il mio cammino è solitario come quello di tanti in questo nostro tempo, così particolare.
Stiamo vivendo in solitudine, però, mentre mi volto un’ultima volta verso la chiesa, scorgo ancora le luci dal suo interno, le luci che sopravvivono al termine della veglia.
Sento un po’ di calore dentro: qualcosa è accaduto duemila anni fa e come ha detto uno Joseph importante: “…alla base della fede non c’è una grande idea, ma piuttosto l’incontro con un evento con una Persona…
Questo pensiero mi dà una consapevolezza, anche se, talora, ci sentiamo soli in realtà non lo siamo!
Duemila anni fa è accaduto qualcosa, un evento straordinario e quindi non siamo più soli nel nostro Nefud da attraversare e, come Lawrence, giungeremo davvero ad Aqaba…


(gmdp)

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