Viaggio nell’industria marsicana e dell’aquilano con la segretaria Fiom-Cgil Simona De Santis. Più spine che rose e tante incertezze per il futuro
«La Marelli di Sulmona non ha davanti a sé un futuro tranquillo. Alla LFoundry di Avezzano situazione di incertezza che si protrae da troppo tempo»
AVEZZANO – Industria metalmeccanica nella Provincia dell’Aquila e nella Marsica, dopo tanto parlare, studi e incontri promossi da comuni, sindacati, organizzazioni professionali e chi più ne ha più ne metta, con conclusioni alle volte persino opposte e in contraddizione fra loro, abbiamo chiesto alla segretaria della Fiom-Cgil provinciale, Simona De Santis, di condurci in una sorta di viaggio nella realtà di questo importante comparto occupazionale ed economico.
E, come si vedrà, non sono tutte rose e fiori, anzi, le spine abbondano.
Tracciata una sorta do geografia globale di questa galassia imprenditoriale ed econmica, con forti ripercussionie ricadute sui numero dell’occupazione in privnicna e nella Marsica, vediamo la realtà settore per settore e nelle singole imprense.
E qui lasciamo la parola alla segretaria De Sanctis che ringraziamo per la collaborazione offertaci.
«Il settore è in crescita e beneficia di importanti investimenti pubblici (anche europei). Per effetto di questa crescita nel corso degli ultimi mesi ci sono state assunzioni.
Tuttavia – spiega la De Sanctis -, non si assiste a un proporzionale sviluppo della catena di fornitura a livello locale, che invece sarebbe importante per consolidare questa vocazione che caratterizza il territorio e per creare occupazione stabile e di qualità.
Inoltre è in corso la chiusura di uno stabilimento Leonardo che si trova a Carsoli che, benché piccolo in termini di numero di lavoratori (sotto i 15 dipendenti), è comunque rilevante in termini di competenze; la sua missione non verrà meno, ma verrà spostata nel Lazio, quindi al di fuori del nostro territorio; non ci sono programmi di reindustrializzazione del sito che quindi verrà abbandonato: un’azienda partecipata dallo Stato che lascia macerie … nessun segnale dalla Regione, che pure è stata contattata».
«Benché il settore dei semiconduttori sia universalmente ritenuto strategico e anche l’Europa si sia attrezzata attraverso il chips act per cercare di raggiungere un’autonomia di almeno il 20% nella produzione di semiconduttori, e benché in Italia, oltre LFoundry, ci sia sono la italo-francese STM (50% MEF) a produrre semiconduttori, LFoundry appare molto in ombra, schiva e poco inserita nelle logiche europee.
È controllata al 100% dalla Cina e attualmente il cliente di gran lunga principale è americano.
Di fronte alle frizioni tra Cina e Stati Uniti sul fronte della supremazia tecnologica (rispetto alla quale i semiconduttori giocano un ruolo cruciale) – afferma la segretaria della Fiom -, e di fronte all’esigenza dell’Europa di emanciparsi, qual è la collocazione di LFoundry?
La commessa principale andrà man mano a decrescere e dovrebbe essere rimpiazzata da altre produzioni, ma questi nuovi prodotti innanzitutto sono di minore livello tecnologico e quindi sono meno remunerativi e si collocano in un mercato molto competitivo, per cui si innesta un tema di tenuta occupazionale oltre che tecnologica.
Circa i 2/3 della popolazione complessiva (diretti Lfoundry+somministrati) è dedicata alla produzione vera e propria/manutenzione/processi/qualità; il resto del personale, cosiddetto indiretto, si occupa di amministrazione, acquisti, magazzino…
Quasi metà della popolazione dedicata alla produzione diretta è precaria, ossia somministrazione a tempo determinato e staff leasing part time (= lavoro precario + lavoro povero).
Quando sei uno stabilimento produttivo in cui metà delle persone addette alla produzione sono precarie – sottolinea -, che idea ti devi fare delle prospettive nel medio e lungo termine di quello stabilimento?
La situazione di incertezza che si protrae da tempo sta determinando un esodo di competenze importante attraverso dimissioni volontarie e prepensionamenti. L’azienda non sembra preoccupata di questo fenomeno, eppure perdere competenze vuol dire compromettere la capacità di realizzare prodotti nuovi e innovativi.
La Regione (che, al di là di poche e vuote parole, si è sostanzialmente disinteressata anche di questa importante realtà marsicana) pare che negli scorsi mesi abbia avuto contatti con l’azienda, ma non ha ritenuto di voler informare il Sindacato».
«Di proprietà della giapponese Calsonic Kansei tramite il fondo americano Kkr. Soggetta a tutte le criticità che sta vivendo il settore automotive in Italia, dove la transizione all’elettrico né è stata veramente agganciata né sono ancora stati previsti strumenti e norme per consentire una eventuale transizione senza gravi impatti sociali.
Marelli di Sulmona è assimilabile a un reparto della ex Sevel.
Lo stabilimento, nato per contenere 1000 dipendenti (il doppio di quelli attuali), risale a 50 anni fa, quindi gli impianti (spesso di proprietà della stessa Sevel) sono ormai vetusti e l’azienda non pianifica le necessarie manutenzioni straordinarie probabilmente perché non ha sufficienti e durature garanzie sulla commessa Sevel. Per ovviare alle inefficienze degli impianti – dice la De Santis – l’azienda ricorre all’aumento dei turni di lavoro, ma senza investimenti lo stabilimento non ha davanti a sé un futuro tranquillo.
Di qui a fine anno Sevel deve realizzare dei recuperi produttivi a causa di diversi fermi che si sono verificati nel corso dell’anno per carenza di semiconduttori; Marelli di Sulmona dovrà accompagnare questa fase, pertanto l’ammortizzatore sociale che era in piedi è stato bruscamente chiuso e d è stata avviata l’assunzione a tempo determinato (al momento di 1 mese, con probabile proroga fino a fine anno) di alcuni lavoratori in somministrazione.
Ma attenzione, non si tratta di reale aumento di volumi, come detto si tratta di recupero di fermate.
Nel corso dei mesi scorsi come Sindacato abbiamo interessato la Regione ma non abbiamo ricevuto nessun riscontro».
«Di proprietà della giapponese Showa-Denko. A luglio ha comunicato di essere riuscita ad ottenere fondi del PNRR relativi al capitolo “Rinnovabili e batterie”.
Sempre a luglio l’azienda ha comunicato di voler affidare a Avezzano l’esclusiva nella produzione di batterie industriali, pertanto va capito se la linea produttiva di batterie ausiliarie per l’automotive che attualmente si trova a Avezzano verrà trasferita nello stabilimento gemello della provincia di Verona e, se sì, come verrà rimpiazzata.
A fronte del finanziamento del PNRR chiediamo che l’azienda possa crescere e assumere stabilmente i lavoratori precari, ma su questo punto a luglio l’azienda non ha voluto prendere impegni veri».
«Segue l’andamento del settore dell’edilizia. Negli ultimi anni arranca per il sopravvento del pvc sull’alluminio; inoltre ha subito rallentamenti collegati all’andamento altalenante del superbonus 110% e bonus facciata. Attualmente sta utilizzando ammortizzatori sociali».
«Da poche settimane ha venduto lo stabilimento americano (con gli annessi 500 dipendenti) per 900 milioni di dollari.
È in corso una riorganizzazione a livello nazionale; i due stabilimenti di Avezzano saranno maggiormente focalizzati sulla produzione.
Da comprendere meglio l’impatto della vendita dello stabilimento americano sul fatturato del gruppo e, di riflesso, su Avezzano».